La civiltà pastorale (1910)

Un pastore che abbraccia un asinello come per proteggelo, un mulo, un asino carico di attrezzatura, due ragazzi e tante pecore al pascolo. In questa foto ci sono tutti gli elementi che per secoli sono stati al centro della vita economica, sociale e culturale di Capracotta.

Monte Campo e Monte Capraro, i pascoli estivi e la transumanza verso il Tavoliere della Puglia hanno scritto pagine importantissime della nostra storia millenaria.

La stessa storia universale e la nascita della civiltà coincidono con il passaggio dall’uomo cacciatore e raccoglitore all’uomo addomesticatore: nasce la pastorizia e il rapporto con gli animali rende l’uomo finalmente libero dal bisogno (carne, latte, lana e pelli per vestirsi) e introduce le regole della convivenza e dell’organizzazione dando origine alle comunità e alle città.

Tutte le storie primordiali conoscono questo passaggio e nascono dal mondo pastorale: i nostri antenati sanniti furono, prima di tutto, uno straordinario popolo di pastori e tutta la storia successiva dai Romani agli inizi del 1900 ha basato l’economia e lo sviluppo sulla civiltà pastorale.

Nel 1447 i lungimiranti sovrani Aragonesi del regno di Napoli istituirono la Dogana della Mena delle Pecore di Foggia e subito Capracotta, in tutta questa vicenda, rappresentò la punta di diamante dell’intera area Abruzzo-Molise-Puglia. Milioni di animali e migliaia di uomini affollarono le centinaia di chilometri delle autostrade d’erba che collegavano le montagne con i ricchi pascoli delle pianure; i tratturi, larghi 111 metri e intersecati da bracci e tratturelli, crearono grandi scambi culturali e sociali, flussi economici e commerciali. Capracotta fu a lungo uno dei primi paesi per produzione di lana nella Fiera di Foggia; nell’organizzazione statale della Dogana uno dei quattro rappresentanti dello Stato (deputati ché possiamo equiparare ai vice-ministri odierni) era per diritto di Capracotta; durante tutta la vita della Dogana, Capracotta contò di più dell’odierna Regione del Molise.

Fu grazie alla pastorizia che Capracotta sopravvisse a tante peripezie; nel 1656 superò anche la terribile epidemia di peste che poteva cancellarla dalla storia: i pochi superstiti (si salvarono 674 abitanti su 1800) non si persero d’animo, continuarono l’antico mestiere e la certezza del lavoro che offrirono convinse tanti lavoratori dei paesi vicini a spostarsi a Capracotta dove furono accolti a braccia aperte e trovarono tra le sue mura pane e companatico.

Domenico Di Nucci

Franco Di Nucci

Fonte: AA.VV., Capracotta 1888-1937: cinquant’anni di storia cittadina nelle foto del Cav. Giovanni Paglione, Associazione culturale Amici di Capracotta, Cicchetti, Isernia, 2014