Sempre con grande commozione, nel ricordo del periodo giovanile vissuto nel mio paese di nascita, mi è capitato di rileggere in questi giorni la storia di alcune conquiste di civiltà ottenute a Capracotta nel secolo scorso, in particolare tra le due guerre mondiali; alla moderna “Segheria” del 1903 con il suo impianto eolico, alla rete idrica, elettrica e telefonica avevano fatto seguito altre importanti realizzazioni grazie all’intraprendenza e alla lungimiranza di alcuni concittadini; tra di esse, in particolare, il primo collegamento automobilistico da Capracotta allo scalo ferroviario di Carovilli il cui resoconto fu pubblicato sul quotidiano “Il Mattino”, in data 24 ottobre 1912, per iniziativa di Giovanni Paglione: di cui è rimasta proverbiale l’ironia perché, chiamando “negligenze” invece che “diligenze”, le antiche carrozze a cavalli destinate a scomparire, scriveva:
“oggi anche Capracotta vanta il suo servizio automobilistico con la viciniore stazione ferroviaria di Carovilli, abolendosi anche le antiche ‘negligenze…’ che rendevano tanto ostico l’accesso alla nostra simpatica ed alpestre cittadina”.
A stimolare la mia curiosità ha contribuito la suggestiva immagine dell’automobile che accompagnava quell’articolo ed è superfluo ricordare che Giovanni Paglione era un vero artista della fotografia; ma in tutta sincerità, da appassionato di motori, mi aveva un po’ deluso che non risultasse la marca di quella vettura né, tanto meno, il nome del suo modello commerciale.
Così, pur consapevole della difficoltà, ho fatto il tentativo di scoprirlo basandomi su alcuni elementi, a cominciare dal fatto che allora erano davvero pochi gli esemplari di vetture presenti sul mercato italiano; è indiscutibile, comunque, che si trattasse di una cosiddetta “torpedo”, termine tecnico che merita di essere puntualizzato:
“La configurazione della carrozzeria “torpedo” è di tipo scoperto, a profilatura filante e continua dalla calandra fino al posteriore della vettura; la grande innovazione stilistica è la chiusura delle fiancate all’altezza dei sedili, con grande vantaggio per la penetrazione aerodinamica e per la sicurezza dei passeggeri. Inizialmente progettata per l’impiego sportivo, la “torpedo” venne presto realizzata anche in versione a sei posti (Wikipedia)”.
Se, come sembrerebbe, era solo una l’automobile nel viaggio inaugurale, è impossibile che vi avessero trovato posto 11 persone all’andata e 20 al ritorno perché, anche considerando dei bambini tra i passeggeri, neppure un moderno minibus avrebbe potuto accoglierle tutte; pertanto è ragionevole pensare che le vetture impiegate fossero più di una (?) e non deve scandalizzare che il breve percorso tra Capracotta e Carovilli, di soli 22 chilometri, avesse richiesto ben 50 minuti di viaggio: non si può dimenticare, infatti, che erano trascorsi pochi anni dalla stessa invenzione dell’automobile e soprattutto che si percorrevano strade non asfaltate. Perciò, fatta eccezione per il motore, erano vetture ancora non molto diverse dalle polverose “diligenze” dei film western!
A riguardo della marca, inizialmente avevo pensato che si potesse trattare di una FIAT e, in particolare, della “Tipo ZERO” comparsa proprio nel 1912: ma, a parte il fatto che manca il logo FIAT, mi è parso poi impossibile per diversi motivi; ad esempio che non sembra avere una carrozzeria “torpedo”, che è diverso l’assetto dei fari e per altre ragioni. Così, pur mancando il marchio con la “stella a tre punte”, ho ritenuto plausibile che quella prima automobile fosse una Mercedes-Benz 22-50 (?): per l’ampiezza dell’abitacolo, per la dotazione di scorta con due ruote appaiate e per altri, importanti elementi, ma sembra smentirlo la carrozzeria di tipo chiuso, quindi “non torpedo”; di una sola cosa si può essere certi e cioè che quello storico servizio automobilistico avrebbe potuto restare attivo solo in presenza di buone condizioni climatiche. Mi preme tuttavia sottolineare che, se non vado errato, fu proprio la famiglia promotrice del primo collegamento, quella dell’avvocato Leonardo Falconi, a organizzare poi una piccola azienda di trasporto pubblico a Capracotta: sebbene non siano certo mancate difficoltà logistiche e ambientali di vario genere; chi della mia generazione non ricorda i rumorosi, pullman FIAT 626, cui d’inverno, negli anni ’50, faceva spesso da battistrada il potente spartineve americano?
Restando ora in argomento mi piace evidenziare che in quei decenni, con la fioritura delle diverse attività artigianali, i cittadini di Capracotta non si persero mai d’animo: specie nelle crescenti difficoltà di approvvigionamento dei carburanti tradizionali e, in modo particolare, durante l’infelice periodo di “regime autarchico” nel ventennio del fascismo.
L’autocarro “a gassogeno” di Giuseppe De Renzis (1942)
Ebbene, mi sembra doveroso un grandissimo elogio alle persone, talora piccoli imprenditori, che in paese non esitarono a dotarsi di automezzi “a gassogeno”, come le famiglie Potena e De Renzis: che, già nel 1942, disponevano dell’autocarro “ALFA ROMEO 500” della foto, guidato dal compianto Giuseppe De Renzis; di cui sorprende il sistema di alimentazione che rassomigliava, come si vede, agli antichi “scaldabagni a legna” mentre il triangolo collocato sulla sua cabina suggeriva trattarsi di un autotreno che incredibilmente, con un carburante a bassa resa, trasportava 50 quintali di merce sulla motrice e 100 sul rimorchio.
Ma è opportuna una premessa che ne faccia comprendere meglio il funzionamento:
“I gassogeni consistono in particolari bruciatori nei quali al combustibile solido (carbone, coke o semplicemente legna) viene fornita una quantità insufficiente di ossigeno, cosa che porta alla formazione di molecole di monossido di carbonio e quest’ultimo può ulteriormente essere ossidato fino alla formazione di anidride carbonica. Alla composizione del propellente gassoso contribuisce anche l’effetto del vapore d’acqua per cui, alla fine, si ottiene una miscela di monossido di carbonio, di anidride carbonica, di azoto e di idrogeno che costituisce un combustibile economico ma dal basso potere calorifico” (Wikipedia).
A questo punto, ancora una volta, non ho potuto fare a meno di ripensare agli anni remoti della mia infanzia e della mia giovinezza paragonandoli, istintivamente, agli scenari del mondo attuale; riflettevo, in particolare, alla differenza davvero abissale tra quegli automezzi e i moderni veicoli di oggi che, sfruttando adesso anche l’elettricità, dispongono della guida assistita e di molti altri, sofisticati dispositivi.
Non senza nostalgia infine, ricordo che a Capracotta da ragazzo mi bastava il rumore di una macchina che passava sotto casa per capire, naturalmente senza vederla, di che modello si trattava e persino chi ne fosse il proprietario; è vero, non erano tante allora le automobili, ma io riuscivo a distinguerle per la diversa sonorità dello scappamento che invece ora, nella miriade di modelli in circolazione, sarebbe impossibile percepire.
Così nessuno me ne vorrà se, con un balzo di fantasia, mi spingo a immaginare che gli ancor più avveniristici motori all’idrogeno, di cui si parla da tanto tempo, possano rassomigliare in qualche modo a quelli “a gassogeno”; naturalmente senza quei monumentali bruciatori, ma non ci sorprenderà che prosegua il cammino per…la conquista dell’automobile: non solo a Capracotta, naturalmente.
Aldo Trotta