Salutando in questo periodo diversi amici e conoscenti che non incontravo da tempo, ho cercato di farli partecipi del mio stato d’animo spiegando loro il paradosso per cui, se da un lato non vedevo l’ora di raggiungere Capracotta e la mia vecchia casa, dall’altro avvertivo tanta inquietudine, quasi avessi timore di farlo e soprattutto dopo la scomparsa di mia moglie Anna.
Sono ora trascorse tre settimane da quando vi ho fatto ritorno e sono lieto di poter dire che, svanita la tensione, mi accorgo giorno per giorno di un imprevisto beneficio interiore: forse ancor più grande di ogni aspettativa; in questi giorni riflettevo alla tradizione delle cosiddette “stelle cadenti” del 10 agosto e di lì a poco la mia attenzione è stata attirata da una serie di foto che raccontavano là…meraviglia di una splendida notte di San Lorenzo qui in paese.
Come è noto, ne ritroviamo l’immagine anche nel Paradiso di Dante Alighieri, per esempio nel Canto XV all’apparizione del suo antenato Cacciaguida; uno dei lumi dei Beati, infatti, si muove come una stella cadente che attraversa il cielo sereno prima di manifestarsi davanti al Poeta:
“Quale per li seren tranquilli e puri
discorre ad ora ad or subito foco,
movendo li occhi che stavan sicuri,
e pare stella che tramuti loco,
se non che da la parte ond’e’ s’accende
nulla sen perde, ed esso dura poco.
Del resto, e non è certo casuale, Dante aveva concluso ognuna delle tre cantiche della Divina Commedia con un riferimento alle “stelle” e, da parte mia, non è la prima occasione in cui mi lascio coinvolgere dallo scenario celeste di Capracotta: che non è forse esagerato definire magnifico per la straordinaria limpidezza del cielo; vale la pena, anzi, di ricordare che diversi anni or sono la bellissima radura di Prato Gentile è stata scelta dall’Associazione Italiana Astrofili che lo hanno letteralmente invaso con i loro telescopi.
È purtroppo molto negativo, attualmente, il fenomeno dell’inquinamento luminoso di cui, documentandomi, ho trovato la seguente definizione:
“qualunque alterazione della quantità naturale di luce presente di notte nell’ambiente esterno e dovuta ad immissione di luce di cui l’uomo abbia responsabilità”;
in altri termini la miriade di luci artificiali di cui, per esempio, danno un’idea le immagini notturne della nostra penisola dallo spazio, impediscono alla nostra vista di cogliere la bellezza del cielo stellato. Inoltre, cosa che ignoravo del tutto, l’inquinamento luminoso provoca effetti molto dannosi anche sugli uccelli migratori nel senso che l’eccesso di luce sembra persino disturbare il loro senso dell’orientamento; per non parlare infine dei disturbi, tuttora in gran parte da valutare e da approfondire, sul ritmo circadiano degli organismi viventi e dell’uomo: in particolare sulla sua funzione endocrina.
Avendo dedicato poi, come dicevo, qualche mio racconto allo scenario celeste di cui si gode a Capracotta, è singolare che abbia sempre privilegiato il tema della luna; così, quasi a volermi far perdonare, in questa occasione mi ha fornito spunto l’immagine fotografica della nostra grande Chiesa con una meravigliosa trapunta di stelle.
Mi ha sempre affascinato, d’altro canto, che la parola “desiderio” derivi da “sidera”, le stelle (“de-sidera”): perché si pensa giustamente che non si possa sfuggire al richiamo del firmamento che, pur così irraggiungibile, ci fa sentire vicine ed anche un po’ nostre le stelle lontane; e tutto ciò alimenta, almeno nei credenti, il sentimento religioso per cui è impossibile che l’immensità del creato non derivi da Dio.
Ne rendono testimonianza del resto, come molti sanno, anche le parole di Schiller e la musica di Beethoven nel loro famoso “Inno alla Gioia”:
“Fratelli, sopra le stelle deve abitare un caro Padre”
Ripensavo ancora all’importanza del firmamento come mezzo utilizzato, per secoli, nella navigazione: ci sembra ora incredibile ma, prima della bussola o del GPS, lo strumento principale per orientarsi era rappresentato dalle stelle; ma bisogna anche ammettere che, indipendentemente da qualsiasi altro fattore, le persone comuni come la maggior parte di noi non sono più in grado di riconoscere i segnali del cielo, a cominciare dal primo e forse il più importante: quello che indica la stella polare nella costellazione del “Piccolo Carro”; restando in argomento, mi piace ricordare l’occasione di diversi anni fa in cui ho visitato il moderno osservatorio astronomico che si trova qui a Capracotta. Ricordo che eravamo dopo l’imbrunire e, dopo averne osservato lo splendore, mi è stato chiesto di dire da che tipo di corpo celeste, secondo me, provenisse; ero sicuro che fosse una stella, ma stavo commettendo un errore grossolano perché, in effetti, si trattava di “Vespero”, cioè del pianeta “Venere”: che diventa luminoso poco prima del tramonto e spesso rimane visibile fino al sopraggiungere della luce delle stelle. Mi sono poi rammentato di molti altri scrittori che, in tutti i periodi storici, si sono ispirati al firmamento e, in particolare di alcuni che considero più vicini alla mia sensibilità; ad esempio mi è piaciuto soffermarmi sui versi di Giacomo Leopardi tratti dal suo “Canto notturno di un pastore errante nell’Asia”:
“E quando miro in cielo arder le stelle;
dico fra me pensando:
a che tante facelle?
Che fa l’aria infinita, e quel profondo
infinito seren? che vuol dir questa
solitudine immensa? ed io che sono?”.
A conclusione, aggiungo che mi ha tanto impressionato una poesia che non conoscevo, di Giuseppe Ungaretti, intitolata “La Notte Bella”:
Quale canto s’è levato stanotte
che intesse
di cristallina eco del cuore
le stelle
Quale festa sorgiva
di cuore a nozze
Sono stato
uno stagno di buio
Ora mordo
come, un bambino la mammella,
lo spazio
Ora sono ubriaco
d’universo.
Non sembri esagerato né, tanto meno, presuntuoso da parte mia ma, grazie al prodigio di queste notti stellate, mi sento davvero “ubriaco d’universo”: il mio piccolo-grande universo di Capracotta.
Aldo Trotta