Per indicare bambini deperiti, macilenti, rinsecchiti, mia madre (foto in alto) riferiva spesso il detto “Mǝ simbrǝ sandǝ Misèrinǝ” (sembri santo Miserino) per alludere a un inesistente santo che, nella fantasia di chi aveva coniato tale espressione, non doveva, certo, godere buona salute.
Ella lo ricordava per me e lo ripeteva spesso anche quando, fattomi grande, non è che “schiattassi” … di ottima salute.
Nei tempi andati, la donna gravida non veniva sottoposta a visite e indagini che oggi si praticano a scopo preventivo e terapeutico, utili a lei e al nascituro. Per mia esperienza consolidata, tale evento nella vita della donna era collocato nell’ambito fisiologico, naturale, senza considerare la possibile comparsa di tutte le criticità che spesso portavano conseguenze nefaste per la futura mamma, per il nascituro o per entrambi. Il parto poi presentava una moltitudine di variabili; la mortalità infantile era molto alta.
Mia madre mi raccontava spesso che al momento del parto, a dicembre con 5 metri di neve, fu assistita in casa dalla levatrice; non andò tutto bene al punto che l’ostetrica era convinta che non sarei sopravvissuto e si avvalse della possibilità, che le era legalmente riconosciuta, di procedere immediatamente a battezzarmi. E così, avvolto nell’ovatta Thermogene per tenermi al caldo, davanti al camino di casa mi impartì il sacramento tra la muta disperazione di mia madre. Successivamente, fui battezzato una seconda volta in Chiesa.
Superai il pericolo, però, rimasi sempre delicato di salute e per l’appunto ogni tanto, guardandomi, mia madre mi diceva: «Mǝ simbrǝ sandǝ Misèrinǝ!» (Sembri santo Miserino!).
Felice dell’Armi