“Dopo la Madonna sctevan’ nu ciucc’ anniand’ e nu guaglion’ arret!”

Il portone dell’abitazione della famiglia di Paolo Trotta su via santa Maria di Loreto

Questo episodio è avvenuto nell’estate del 1963, all’età di cinque anni: tante sono state le volte che mi è stato ricordato dai miei genitori!

Ancora oggi molte case a Capracotta mantengono un piccolo anello in ferro posto vicino al portone di casa: funzione dell’anello, era bloccare temporaneamente l’animale da soma per caricarlo o scaricarlo e in seguito partire o parcheggiarlo nella stalla.

Anche vicino il portone della nostra casa in via santa Maria di Loreto, è ancora presente l’anello protagonista di questa storia.

Un contadino proveniente da una masseria dei dintorni, venuto per assolvere ad alcune “masciate”, aveva legato di corsa un somaro all’anello vicino casa nostra, correndo poi a sbrigare le sue commissioni.

Fui sicuramente attratto da questa scena e forse era la prima volta che vedevo così da vicino un somaro, che mi sembrò più che naturale sciogliere la fune che lo legava all’anello (fune legata male e di fretta) e presa la corda cominciammo insieme a camminare lui avanti ed io accanto.

Erano giornate nelle quali la confusione era tanta (era in corso il Triduo dell’8 settembre), per cui fu facile per entrambe sfuggire ad ogni controllo, e così arrivammo con tutta calma fino al Santuario della Madonna.

Tornato, il contadino si accorse che era sparito il suo mezzo di locomozione e andava chiedendo a tutti: “Sete visct’ r’uasin? Scteva attaccat’ ecch’ e nun c’sctà cchiù!”.

Ben presto si accorsero pure della mia scomparsa e dopo convulse consultazioni “Lo hai visto?”, “E’ venuto a casa tua?”, “Sta da te?”, “Che fine ha fatto?”, cominciò una ricerca concitata, con i miei preoccupatissimi che fossi finito in qualche dirupo e mi fossi fatto male.

Qualcuno che rientrava dal Santuario, vista la concitazione, chiese cosa fosse successo e diede la risposta giusta: “Dopo la Madonna sctevan’ nu ciucc’ anniand’ e nu guaglion’ arret!” e cominciò una corsa forsennata tra parenti, conoscenti, curiosi, chi stava per strada, come se fosse una folla partecipante ad una maratona, guidata dal padrone del somaro che non vedeva l’ora di recuperarlo.

Non ho memoria di quante ne abbia prese per questa bravata, ma ancora oggi, ogni volta che l’occhio mi cade su quell’anello di ferro, mi viene da ridere per quello che è successo.

Siamo tutti custodi dei bei ricordi che hanno caratterizzato gli anni più spensierati da noi vissuti: quelli delle mie estati capracottesi li ho riversati in queste note, riportando liberamente, senza timori o censure, ma sicuramente con un pizzico di nostalgia, una piccola parte della mia vita.

Estendo quindi ben volentieri l’invito a chi legge, di voler fare altrettanto: sicuramente ciascuno sarà in grado di condividere episodi simpatici e particolari che lo hanno visto protagonista, anche se sono ormai tanti gli anni trascorsi da allora.

 

Paolo Trotta