La cometa C/2023 A3 nel cielo sulle pale eoliche di Monteforte. Foto: Salvatore Di Palo
In diverse occasioni mi è capitato di pensare al fatto che, pur avendo vissuto gli anni della mia infanzia e della prima giovinezza a Capracotta, località di montagna pressoché indenne da ogni forma di inquinamento luminoso, non mi sono mai particolarmente appassionato all’astronomia o, comunque, alle meraviglie del cielo e del firmamento in generale: fatta eccezione, s’intende, per occasioni davvero particolari come alcune eclissi o, assai più di rado, per il passaggio di una cometa. In verità, anche di recente, avevo scritto alcuni racconti dedicati alla luna, ma è solo durante l’estate scorsa, sull’onda del crescente entusiasmo per il fenomeno delle cosiddette “stelle cadenti” di San Lorenzo, che mi sono divertito anch’io ad osservare in paese la volta celeste; così, la mia attenzione è stata maggiormente attirata dalla cosiddetta “cometa del secolo” (C/2023 A3) che ha raggiunto il punto più vicino al nostro pianeta a circa 71 milioni di chilometri di distanza. Con una chioma di circa 209.000 chilometri di diametro e una coda estesa per circa 29 milioni di chilometri, questa stella si è resa visibile anche a occhio nudo dopo il tramonto ed è stata un’apparizione molto rara visto che l’ultima volta era passata vicino alla terra, si fa per dire, 80.000 anni fa.
In seguito, per semplice associazione di idee, ripensavo al marchio di fabbrica della mia automobile “SUBARU”, che in lingua giapponese indica la costellazione delle “PLEIADI”:una delle più brillanti e conosciute fin dall’antichità; le sue stelle infatti, (in greco antico Πλειάδες, Pleiades) corrispondono a sette personaggi della mitologia greca e i loro nomi sono Alcione, Celeno, Elettra, Maia, Merope, Asterope e Taigete. Si narra fossero le figlie del titano Atlante e della ninfa Pleione che il cacciatore Orione iniziò a perseguitare e che perciò Zeus decise di proteggere trasformandole in colombe; esse, volando sempre più in alto, diventarono stelle ma quella di loro che aveva sposato il re Sisifo, condannato per l’eternità a spingere un masso su di una collina, si vergognò a tal punto che scomparve dalla volta celeste: ed è questa la ragione mitologica per cui risultano visibili a occhio nudo solo sei stelle, quelle appunto del marchio Subaru, anche se in realtà, sono forse più di 1000.
La parola Pleiadi (da πέλεια, peleia) significa appunto “colomba” oppure, secondo un’altra versione, deriva dal verbo πλεῖν (plein, navigare) e questo perché gli astri venivano utilizzati come punto di orientamento per i naviganti come attestano, ed è noto, diversi poeti dell’antichità; ad esempio Esiodo in “Opere e Giorni”, (vv. 618-622):
“…ma se della navigazione pericolosa il desiderio ti prende,
sappi che quando le Pleiadi, la forza terribile di Orione
fuggendo, si gettano nel mare nebbioso,
allora infuriano i soffi di tutte le specie di venti.
E non è più il tempo d’avere la nave sul focoso mare”
Oppure Omero nell’Odissea, quando descrive la partenza di Ulisse dall’isola di Calipso (vv. 269-272):
“Lieto del vento, drizzò le vele il luminoso Odisseo.
Così col timone guidava sapientemente il cammino,
seduto: mai gli occhi cedevano al sonno,
fissi alle Pleiadi e a Boote che tardi tramonta…”.
La più famosa citazione delle Pleiadi nella letteratura inglese è quella contenuta in un monologo di Alfred Tennyson (“Locksley hall”):
“Molte notti vidi le Pleiadi,
sorgenti attraverso l’aria serena,
brillare come uno sciame di lucciole
aggrovigliate in una treccia d’argento”.
È parimenti famosa, inoltre, una grossa opera di Gabriele D’Annunzio intitolata “Laudi” e realizzata solo parzialmente perché prevedeva sette libri, uno per ogni stella delle Pleiadi; ne scrisse invece solo cinque intitolati rispettivamente Maia, Elettra, Alcione, Merope e Asterope.
Tutto ciò, del tutto imprevedibilmente, ha fatto sorgere in me il desiderio di osservare le Pleiadi a occhio nudo e, se solo avessi avuto l’aiuto di un esperto, avrei cercato di farlo lo scorso 19 ottobre quando la Luna si trovava immersa in questa costellazione; la mia più grande aspirazione, tuttavia, sarebbe quella di scoprirla con l’ausilio di un telescopio e mi lusinga l’idea di poterlo fare a Capracotta nel piccolo, ma importante osservatorio che porta il nome dell’astronomo molisano Leopoldo Del Re. Questo illustre corregionale, nato a Cantalupo del Sannio nel 1804 e morto a Napoli nel 1872 era stato direttore dell’Osservatorio di Capodimonte ed aveva scoperto, tra l’altro, un asteroide denominato “Parthenope”; leggevo, inoltre, che la notte del 16 novembre u.s. la Luna sovrastava con la sua luce il pianeta Giove, trovandosi tra la costellazione delle Pleiadi e la stella Aldebaran. Perciò, sia pure appassionandomi così in ritardo a questi argomenti astronomici, mi ha fatto piacere leggere diversi documenti originali, tra cui alcuni scritti da Galileo Galilei dopo l’ invenzione del telescopio; ad esempio la sua rivoluzionaria descrizione del nostro satellite che, in aperta contraddizione con le credenze del suo tempo, ne evidenziava tra l’altro molte caratteristiche come i famosi “crateri”:
“(La Luna) è di superficiepienadi innumerabili cavità et eminenze, tanto rilevate che di gran lunga superano le terrene montuosità».
A questo punto e concludendo, mi rendo conto dell’assurdità specie considerando la mia scarsa propensione per la matematica e la fisica ma chissà che, da inguaribile sognatore e magari nella prossima vita, non possa anch’io dedicarmi alle stelle (?): mai…dire mai!
Aldo Trotta