Costantino Giuliano ci accompagna da oggi in un viaggio in più puntate alla scoperta della storia del Clipper attingendo ai ricordi personali e alle storie narrate dal padre Romeo che ha lavorato come autista dello spartineve per i suoi primi otto anni di servizio.
La prima volta che sentii parlare di uno “spazzaneve” risale al periodo del 1947-48. Mio zio Mario, che lavorava presso il servizio idrico del paese, mi portò a visitare il serbatoio comunale, situato “in cima alla croce”. Superate le ultime case del paese, dove oggi sorge la caserma dei Carabinieri, notai un curioso macchinario. Mi spiegò che si trattava del vecchio spazzaneve di Capracotta, raccontandomi la sua storia.
Già verso l’inizio degli anni Trenta, quando aveva circa venti anni, mio padre Romeo si era inserito nell’officina di famiglia, intraprendendo il lavoro di meccanico/autista.
Durante il servizio di leva, data la sua esperienza, venne assegnato alla Sezione Speciale Carri Armati. Lo riconobbi in una vecchia foto del 1935, immortalato su un camion FIAT 634 N.
Da bambino, restavo affascinato dai suoi racconti, in particolare quando parlava di un camion che andava a legna invece di utilizzare benzina. Mi raccontava che, essendo difficile reperire combustibile, avevano installato una caldaia su un lato del camion, dove bruciavano legna “verde”, ovvero ricca di umidità. La legna doveva essere tagliata in pezzi molto piccoli per assicurare una combustione più efficace.
Era un lavoro estenuante. Mio padre mi parlava anche della pericolosità dell’uso di quel combustibile dovuto alla notevole produzione di residui derivanti dalla combustione della legna umida.
Questo metodo permetteva di generare gas utile per il funzionamento del motore.
Naturalmente, crescendo, desiderai saperne di più. Il FIAT 634 N era un autocarro pesante, detto “Gigante” secondo la terminologia dell’epoca, prodotto dalla Fiat Veicoli Industriali, e soprannominato “Elefante” per le sue dimensioni straordinarie.
Questo camion era dotato di un motore Fiat 255G a 6 cilindri in linea da 9972 cm³, capace di erogare 80 hp a 2100 giri/min. Nel 1934, a causa delle difficoltà nel reperire combustibile, venne introdotto un modello che funzionava a gasogeno.
Su un lato del camion era installato un bruciatore, dove veniva acceso un bel fuoco scoppiettante. Dopo che il fuoco aveva preso bene, veniva coperto con legna molto umida, facendo attenzione a non soffocare completamente la fiamma. Il fuoco, molto caldo, doveva continuare a covare. Attraverso una valvola, si regolava la quantità di aria da aspirare, ottimizzando la miscela di CO, CO2, vapore d’acqua e altri gas, nota con il nome di SINGAS.
Il motore a gasogeno dimostrò di essere funzionale e venne ampiamente utilizzato sia durante le sanzioni contro il regime fascista, sia durante la Seconda Guerra Mondiale, quando divenne difficile reperire combustibile liquido, nonostante la bassa resa (1 litro di benzina equivaleva a 2,5 kg di legna).
Nel 1934-35, il Comune acquistò un trattore cingolato attrezzato con una lama spingineve. Per le esigenze dell’epoca, quel mezzo si rivelò all’avanguardia sebbene privo di cabina per ripararsi dalle intemperie. A quanto ne so, mio padre fu il primo autista, avendo da poco terminato il servizio militare nella Sezione Speciale Carri Armati.
Successivamente passò dai camion al pullman che collegava Capracotta con la stazione ferroviaria di San Pietro Avellana.
Nel 1939, partecipò all’invasione dell’Albania, sbarcando a Durazzo.
Alfonsino Gualtieri di Agnone e Enrico Sciulli di Pescopennataro (Tirana 19 aprile 1939 – XVII)
Dopo pochi mesi di servizio militare, fu assegnato come supporto logistico e civile al servizio pullman tra Capracotta e San Pietro Avellana e al servizio di sgombero neve con lo spazzaneve.
Questo mezzo rimase in funzione fino a quando i tedeschi non lo distrussero durante la ritirata, parallelamente al saccheggio delle abitazioni.
Costantino Giuliano