Dopo l’arrivo dello spartineve nel 1950, mio padre e Leo Conti dedicarono energia e passione allo studio e al miglioramento del “CLIPPER”.
Tuttavia, le strade di Capracotta si rivelarono subito inadatte per un veicolo di quelle dimensioni. Ricordo con nitidezza quel giorno in cui tentarono di liberare via Roma dalla neve; si fermarono bruscamente davanti al vecchio carcere. Noi ragazzi eravamo accalcati sulla scalinata della chiesa, osservando quel “colosso” mentre procedeva a fatica, con la carreggiata che sembrava incredibilmente ristretta.
Il CLIPPER avanzava centimetro dopo centimetro, sfiorando le due case con un margine di appena 10 centimetri. Gli operai, visibilmente ansiosi, si affannavano a impartire istruzioni, mentre la tensione nell’aria cresceva. Quando finalmente riuscirono a passare, un sospiro di sollievo si sollevò da tutti. Da quel momento, non credo abbiano mai più osato intraprendere un’impresa simile, né allora né negli anni successivi.
Un’altra sfida che gli autisti si trovarono ad affrontare nel primo anno fu l’orientamento sulla carreggiata dopo una nevicata. Per risolvere questo problema, l’anno successivo furono installati dei pali per delimitare il percorso, in particolare nei pressi dei ponti. Negli anni a seguire, questi segnali furono ulteriormente migliorati e ampliati, tanto che oggi continuano a rivelarsi estremamente utili.
In quegli anni, lo spartineve accompagnava la corriera fino a Staffoli o alla Civitella, per poi ritornare in serata. Diverse volte, quando le condizioni lo permettevano, mio padre mi portò con sé. Ricordo un episodio che mi è rimasto particolarmente impresso: mentre rientravamo a Capracotta attraverso il bosco di Vallesorda, incrociammo una volpe. Spaventata dal frastuono, scivolò dai cumuli di neve ai bordi della strada, compiendo un salto incredibile. Tutti scoppiarono a ridere; a me, devo ammettere, dispiacque un po’ per la volpe.
Pochi anni dopo, durante una violenta e improvvisa bufera di neve, si diffuse un’atmosfera di inquietudine che evocava in me il ricordo di quando “le campane suonano e portano nell’animo un senso di morte e gelida sofferenza”. Ho ancora vividi ricordi di quel giorno; avevo già 12 anni e frequentavo la prima media come privatista. Queste ore drammatiche furono descritte in modo molto più accurato da Durante Antonarelli nel suo articolo “ORE DRAMMATICHE E GESTA EROICHE A CAPRACOTTA NELLA TORMENTA” per il giornale “Momento Sera” del 20 gennaio 1954.
Com’era consuetudine, l’otto gennaio lo spartineve partì nel pomeriggio per riprendere la corriera a Staffoli e doveva tornare intorno alle 18:00. La neve continuava a cadere lentamente, ma nessuno avrebbe potuto prevedere la drammaticità della situazione; la bufera, infatti, aumentò d’improvviso in intensità. Non c’era modo di avvisare il CLIPPER del pericolo, vista l’assenza di telefoni a Staffoli. In effetti, c’era solo una casa cantoniera, spesso usata come rifugio, ma priva di elettricità.
Mia madre era in ansia; erano già le 21:00 e lo spartineve non era ancora tornato. A causa della bufera, l’elettricità era andata e venuta più volte, una situazione frequente in quegli anni. Quella sera, la corrente era assente e probabilmente avremmo dovuto aspettare fino al giorno seguente per la riparazione. Ci muovevamo a lume di candela. Anche Cecilia, la moglie di Leo, mostrava segni di ansia e chiese aiuto a suo fratello, il maresciallo dell’esercito Raffaele Conti, il quale allertò i suoi amici.
Quella notte, rimasi sempre accanto a mia madre, mentre i miei fratelli più piccoli dormivano sereni. Ci trovavamo davanti alla finestra con una candela accesa. Verso le 23:00, sentimmo le campane suonare a distesa, segnalando un grave pericolo. Mia madre era visibilmente preoccupata e, di tanto in tanto, qualcuno passava a darci notizie. Gli ultimi a lasciare lo spartineve furono mio padre e Leo. Finalmente, verso le tre del mattino, mio padre fece il suo ritorno. Vederlo in quelle condizioni è un’immagine indelebile nella mia memoria: era irriconoscibile, con la barba, le sopracciglia, il cappotto e il cappello completamente ricoperti di ghiaccio. Osservare mia madre mentre lo aiutava a togliersi il cappotto, ridotto a brandelli per il ghiaccio, mi spezzava il cuore.
Dopo qualche giorno, tornò il sereno e molti si avventurarono con gli sci verso lo spartineve e la corriera. Anch’io mi misi in cammino con i miei sci e raggiunsi il CLIPPER a circa un chilometro dalla chiesetta fuori Capracotta. Dalla neve emergevano solamente il tubo di scarico e la sommità della cabina. Della corriera non si vedeva nemmeno l’ombra. Mio padre mi raccontò poi che già da Staffoli avevano agganciato la corriera al CLIPPER e, nonostante questo accorgimento, furono costretti a lasciare la corriera all’uscita del bosco Vallesorda e far salire tutti i passeggeri a bordo dello spartineve, data l’enorme quantità di neve.
Ma perché quel maestoso e potente spartineve di tipo ALASKA si era arreso a una bufera così violenta? La spiegazione mi fu fornita da mio padre: le dimensioni del vomero erano quasi identiche alla larghezza delle strade di allora. Quando il CLIPPER apriva una strada, lasciava un solco alto anche 3-4 metri.
Da questa immagine, è facile immaginare “le muraglie di neve”. Tuttavia, bastava una nevicata di appena 20 centimetri per creare problemi al CLIPPER, costretto a spingere sempre la neve davanti a sé. Un “bravo” autista, soprattutto in assenza di bufera, cercava sempre di allargare le muraglie di ghiaccio ai lati o di liberare le piazzole, tentando persino di far cadere la muraglia a valle della strada, un’operazione molto rischiosa.
Dopo queste ore drammatiche, a mio padre venne l’idea di installare una radio ricetrasmittente sullo spartineve (ricordo che in quegli anni lui lavorava già alla stazione meteorologica di Capracotta). Ne parlò con il sindaco e insieme chiesero aiuto all’Aeronautica Militare. Durante l’estate, dopo un paio di giorni di prove, il CLIPPER ottenne la sua radiotrasmittente. Quel giorno ero anch’io a bordo dello spartineve, e mio padre mi fece trasmettere ufficialmente il primo messaggio tra il CLIPPER e Capracotta.
Da quel momento in poi, ogni volta che mio padre partiva con lo spartineve, zio Mario rimaneva in ascolto presso la stazione meteorologica. Questa radio rimase attiva fino al 1958, anno in cui venne smontata la stazione meteorologica di Capracotta. Non so se la radio fu smontata o se continuò a funzionare in qualche locale del Comune.
Costantino Giuliano
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