La storia avvincente di una vecchia macchina per cucire | Amici di Capracotta

La storia avvincente di una vecchia macchina per cucire

A conferma del fatto che occorre sempre un’occasione perché mi appassioni a un argomento, in questi giorni mi è capitato di rivolgere il pensiero a una macchina che, forse più di altri prodotti della civiltà industriale è stata preziosa per il lavoro umano specie, ma non solo, per quello femminile; è stato inoltre determinante riflettere al grandissimo valore attribuito all’attività e al prestigio, anche internazionale, di tanti sarti e sarte di Capracotta che sarebbe impossibile elencare.

Mi riferisco alla macchina da cucire cui mi sono dedicato nel tentativo, che ormai sto facendo da tempo, di riscoprire piccoli o grandi cimeli del passato che hanno fatto parte del mio mondo infantile e della prima giovinezza; il mio più grande rammarico è purtroppo che diversi di essi sono andati perduti: non tanto, direi, per averne sottovalutato l’importanza e il valore affettivo, quanto e soprattutto per le difficoltà che hanno inevitabilmente accompagnato i cambiamenti di residenza della mia famiglia.

Sta di fatto che, tra gli oggetti recuperati e a maggior ragione ora con tanto tempo disponibile, ho letteralmente sottratto alla polvere una vecchissima macchina da cucire “Singer”, storicamente appartenuta a mia nonna materna Guglielma: che l’aveva sempre adoperata e tenuta con sé; ne avevo associato la memoria al fatto che la nonna, trasferitasi a Capracotta dalla provincia di Ferrara, si era fatta spedire dalla sua regione alcuni dei suoi mobili o altre suppellettili; quella macchina da cucire, invece, proveniva da un luogo ben più lontano perché, come ho appreso in seguito, era stata acquistata “di seconda mano” negli Stati Uniti d’America ed esattamente a Boston ove con il nonno Aldo, poi prematuramente deceduto, aveva vissuto per alcuni anni all’inizio del secolo scorso.

Con mia grande sorpresa infatti, avendo deciso di farla restaurare pur essendo abbastanza ben conservata, è stato possibile risalire dal suo numero di matricola all’anno di fabbricazione, il 1890; si tratta quindi di un esemplare di 135 anni che, certamente contenuto in un  capace baule di legno come quello di molti emigranti, era giunto in Italia dopo aver attraversato l’oceano atlantico.

Così, sia pure da profano assoluto di cucito, ho avuto la curiosità di conoscere almeno un po’ la lunghissima storia delle macchine da cucire; e, come del resto accade in diversi ambiti, c’è davvero di che rimanere sbalorditi ripercorrendone la storia che:

  “inizia circa 20.000 anni fa quando le prime persone hanno iniziato a cucire a mano. I primi aghi erano ricavati da ossa o corna di animali e per il filo veniva usato il fieno. Il nostro istinto inventivo di essere umani ci ha spinto a innovare e a migliorare questo processo scoprendo tecniche di cucito meno laboriose. È solo durante la Rivoluzione Industriale nel XVIII° secolo e la necessità di ridurre i tempi di cucitura manuale nelle fabbriche che spinge alcuni individui a depositare dei brevetti per la creazione dei primi prototipi”

In ogni caso e come è spesso accaduto nei secoli anche la scoperta o, meglio, il perfezionamento della macchina da cucire è avvenuto per caso e mi piace riportare testualmente un brano della storia familiare di Isaac Singer, certamente uno dei maggiori suoi protagonisti:

 “A trentotto anni, Isaac era un attore fallito, un meccanico insoddisfatto e un inventore sempre a caccia di un colpo di fortuna; quando nel 1850 gli venne chiesto di migliorare una macchina da cucire ideata da Lerow e Blodgett, la sua prima reazione fu:

   “Che diavolo volete da me? Questo aggeggio toglierà alle donne l’unico passatempo che riesce a farle stare in silenzio!”

Ma, dopo aver attentamente esaminato quel prototipo, osservò:

   “Invece di far seguire alla navetta un moto circolare, io la farei muovere in avanti e indietro su una linea diritta. Invece di una barra d’ago che ne spinge orizzontalmente un altro curvo, io userei un ago diritto e lo farei lavorare verticalmente, su e giù”.

La nuova macchina, quindi, utilizzava un ago diritto e una navetta trasversale, presentava un braccio sospeso, un piano su cui appoggiare il capo in lavorazione, un piedino che ancorava il tessuto per evitare che venisse trascinato in alto dal moto dell’ago. Singer aveva inoltre ideato una soluzione innovativa per la forza motrice del meccanismo: l’utilizzo di un pedale che permetteva una potenza maggiore e una conseguente maggiore velocità nelle cuciture e con minore fatica”.

Da quanto ho appreso, perciò, sono queste le principali caratteristiche attribuite alle macchine da cucire Singer:

  • Funzionalità eccellente: poteva cucire una linea perfettamente dritta anche sul tessuto più spesso
  • per il funzionamento dell’unità non era richiesto alcun dispositivo aggiuntivo ma solo forza meccanica, anche quella più debole
  • convenienza del lavoro: le mani della sarta rimanevano libere di eseguire le più diverse operazioni
  • la presenza di un tavolo grazie al quale il lavoro è più confortevole con la possibilità posizionare fili, tessuto, forbici e altri strumenti necessari
  • in caso di guasto, infine, pressoché tutti i componenti e le parti erano agevolmente riparabili ed è questa caratteristica ad averla resa tanto popolare, unitamente alla sua durata, praticamente illimitata.

A proposito di quest’ultima mi piace sottolineare che la cara, macchina da cucire della nonna è tuttora in grado di funzionare dopo più di un secolo dalla sua costruzione e, come ho già ricordato in un altro racconto, nelle sue mani è stata utilissima durante il periodo della guerra, nel 1943, a Capracotta; l’aveva infatti utilizzata per sostituire i colli usurati delle camicie ai soldati polacchi in cambio di un po’ di cibo o di latte evaporato per me che avevo allora pochi mesi. Era stata in seguito davvero preziosa perché la nonna, riuscendo a confezionare per me dei vestitini fatti a maglia, li cuciva a macchina ed è straordinario che riuscisse sempre a disporre di spagnolette di filo nei colori più comuni.

Mi avvio così alla conclusione restando in attesa che mi restituiscano al più presto quell’oggetto ormai sacro, mirabilmente restaurato e pronto a continuare la sua lunghissima, affascinante storia; non mi pare davvero che si possano smentire le parole pronunciate a suo tempo dal Mahatma Gandhi:

“La Macchina per cucire è una delle poche cose utili che sia stata inventata!”.

Aldo Trotta