Archivio fotografico: Catalogo Generale dei Beni Culturali
Questo grande dipinto, custodito nel Coro della Chiesa Madre di Capracotta, raffigura l’Ultima Cena, momento culminante della vita terrena di Gesù, in cui Egli istituisce l’Eucaristia e preannuncia il tradimento di uno dei suoi apostoli. La scena è ambientata in un interno solenne, scandito da colonne tortili che evocano il Tempio di Salomone e collocano simbolicamente l’episodio a Gerusalemme, città santa per eccellenza e luogo del compimento del mistero pasquale.
Al centro della composizione, Cristo è raffigurato nel gesto solenne della benedizione del pane e del vino, elementi centrali del sacramento eucaristico. Il suo sguardo elevato e la postura ieratica lo rendono il fulcro spirituale dell’opera. Attorno a lui, i dodici apostoli mostrano una varietà di espressioni e atteggiamenti, tra stupore, dubbio e devozione, in una ricerca psicologica che riflette la tensione del momento e l’umanità dei discepoli.
Particolarmente significativa è la figura di Giuda Iscariota, raffigurato con il volto rivolto verso lo spettatore. Questo dettaglio stabilisce un legame diretto con chi osserva, richiamando alla riflessione personale sulla libertà morale, sul tradimento e sulla responsabilità individuale.
Sulla sinistra della scena si nota un personaggio ricurvo con due brocche d’acqua in mano. Questa figura potrebbe essere identificata con l’ uomo con una brocca d’acqua citato nel Vangelo di Marco (14,12-13): secondo il racconto evangelico, Gesù ordina ai discepoli di seguire quell’uomo per trovare il luogo dove avrebbero celebrato la Pasqua. All’epoca, l’ufficio di attingere acqua era normalmente riservato alle donne; cosa che rende la sua presenza un elemento facilmente riconoscibile e carico di significato. La sua inclusione nella scena rimanda quindi al momento preparatorio del banchetto pasquale, sottolineando l’intenzione narrativa dell’artista di unificare i diversi livelli temporali dell’evento.
Al centro del tavolo, davanti a Cristo, si notano un calice e un piatto con un agnello, chiara rappresentazione simbolica dell’Agnus Dei -l’Agnello di Dio- immagine cristologica che identifica Gesù come vittima sacrificale per la redenzione dei peccati dell’umanità. La presenza dell’agnello pasquale ricollega la cena ebraica alla nuova alleanza, realizzata nel sacrificio di Cristo. Sotto il tavolo, si intravede un grande vaso, anch’esso carico di forte valore simbolico: esso richiama la connessione tra vino e sangue, cuore della celebrazione eucaristica, e suggerisce la profondità teologica del mistero che si sta compiendo.
Dal punto di vista stilistico, l’opera, di autore ignoto, è riconducibile alla scuola napoletana del XVII o dei primi anni del XVIII secolo, per l’accuratezza nei panneggi, la resa espressiva dei volti e l’uso calibrato del chiaroscuro. L’atmosfera intensa, la cura dei dettagli e la profondità teologica fanno di questo dipinto una testimonianza significativa dell’arte sacra del suo tempo, capace di coniugare narrazione evangelica, simbolismo liturgico e meditazione spirituale.
Francesco Di Rienzo