Suggestioni d’antico 2013, gli interventi: lo Xenodochio di via Arco

La lapide dello xenodochio in via Arco
La lapide dello xenodochio in via Arco

Siamo in Via Arco e quella sul muro di questo edificio è la lapide che, scritta in latino, ci conferma che c’era uno  xenodochio a Capracotta. Cosa dice la lapide? Tra il 1720 e il 1721 fu demolito l’antico xenodochio. La demolizione fu determinata soprattutto da incuria. Non dimentichiamoci che sono passati circa 60 anni dalla terribile peste del 1656: forse l’incuria fu provocata proprio dalla decimazione della popolazione. Fu ricostruito e le spese furono finanziate con un legato (testamentario) di Filippo Bardaro e con altri contributi volontari. Già nel 1931 non c’era  più traccia dell’edificio ricostruito.

Ma cos’era in effetti uno Xenodochio? Il vocabolo latino deriva dal greco e indicava  il luogo dove si accoglievano in modo gratuito  gli  stranieri o gli ospiti. Nella maggior parte dei casi si dovette trattare di istituzioni  di piccole dimensioni. Secondo la tradizione il primo Xenodochio fu istituito dal papa san Cleto che nell’80 d.c. trasformò la sua casa in un ospizio per pellegrini con annessa Chiesa. Nel Concilio di Nicea  del 325 inoltre venne sancito l’obbligo per le diocesi di destinare un luogo all’ospitalità per pellegrini e per i bisognosi. Vi erano xenodochi  sia nelle città che fuori le mura. Logicamente quelli fuori le mura consentivano ai pellegrini di trovare rifugio anche quando le porte delle città erano chiuse. Ad una certa ora del pomeriggio  suonavano 21 rintocchi di campana per avvisare chi era fuori le mura che era ora di rientrare perché a breve le porte venivano chiuse. Lo xenodochio di Capracotta nei documenti è citato sempre Ospedale. Possiamo trarre le notizie  da alcuni documenti registrati nel Libro delle Memorie, dalla Numerazione dei fuochi del 1732 e dallo Stato delle Anime del 1736. Il più antico documento leggibile, contenuto nel Libro delle Memorie, è datato 1548  e riguarda l’inventario delle rendite, provenienti essenzialmente da terreni, della Chiesa di sant’Antonio di Vienna .

Questo documento, redatto dal notaio Nicola Iannucco davanti a testimoni di Capracotta, è molto importante perché:

– vi è scritto testualmente “Ospedale seu Chiesa” cioè l’Ospedale e  la Chiesa   sono la stessa cosa;
-che la Chiesa è extra moenia, fuori le mura, formata da 5 membri coperti;

-che la Chiesa possiede anche una casa dentro la Terra dove si dice lo Piano della Ripa.

Dallo stesso documento , oltre  agli arredi della chiesa e ai quasi 40 tomola tra terreni e prati, apprendiamo che l’Ospedale possiede tra l’altro:

– 5 letti forniti: quindi poteva ospitare 5 persone;

– 3 schiavine, cioè coperte di panno;

– 3 coperte di lana;

– un copertuolo di pelle;

– un caldaro;

– un mortare di bronzo;

– uno stipo;

– una catena di ferro;

– una cucchiara di rame;

– uno scomarello e pala di ferro;

– un’accetta ed altro;

– 4 somari due maschi e due femmine;

– 300 pecore “quale dice esserne morte 50 per l’annata crudele”;

– 12 capre;

– una casa compita di quanto necessita alla massaria;

– una pignata di rame grande;

– una conca piccola.

Domenico Di Nucci
Domenico Di Nucci

Da un documento del 1689 sappiamo che l’amministratore legittimo della Chiesa e della cappella in terra Capracocta provincia degli Abruzzi, è  il clarissimo Francisco de Andrea. Nel 1732, nel Libro dei Fuochi, una delle contrade è denominata Sant’Antonio Abbate e  Filippo di Lorenzo abita nell’Ospedale in qualità di ospedaliere. In un documento del 1736  è citato un prato dell’Ospedaliere il cui possesso è contestato dall’Università di Pescopennataro ed inoltre don Ermogene di Buccio è indicato come procuratore dell’abate di S. Antonio. In un altro documento del 1736  scritto da don Antonio Mucci Vicario generale della Diocesi di Termoli, la Chiesa è indicata ancora come proprietaria di circa 50 tomola di terra e di una casa di tre membri, dentro la Terra, alquanto diruta. Il 24  maggio 1736  la Real Camera Sommaria intima al Governatore Antonio de Marco, alla Corte e a chi altri spetta, di non far molestare, pena 1000 ducati, l’Università di Capracotta nel pacifico possesso di un prato, posto sotto la via che passa davanti la Chiesa di San Rocco, assegnato all’Ospedaliere per le sue fatiche. Il documento, tra  gli altri contestatori non indicati, cita il reverendo abate o beneficiario o Rettore del Beneficio di sant’ Antonio Viennese. Inoltre, se qualcuno pretende qualcosa in contrario, continua la sentenza, comparisca in Real Camera col produrre legittimi documenti.

Può darsi che tra i compiti dell’Ospedaliere ci fosse anche quello di ospitare i  trovatelli: infatti nello Stato delle Anime del 1736 nell’Ospedale dove abita Filippo di Lorenzo è registrato  Pietro Antonio senza cognome, esposto, di anni 18. Poi vi sono tre documenti che parlano di  una piccola disputa  per il posto di Ospedaliere. Il 25 giugno 1737 Leone di Luozzo chiede al Vescovo di essere assunto come nuovo Ospedaliere perché: «Non più abile per vecchiaia e per essere affatto impedito quello che esercitava tal carica». Non viene citato Filippo di Lorenzo, vecchio Ospedaliere. Il 27 Luglio 1737 Filippo di Lorenzo Ospedaliere precisa che:

-non ha seppellito i morti perché il comune non ha pagato i 5 ducati ;

– Leone di Lozzi intendeva appropriarsi dei frutti delle sue fatiche di tutto quest’anno, “in coltivare e seminare le piccole tenute di detto Ospedale”.

Inoltre nello stesso documento  Leone di Lozzi è citato, dal Vescovo, come  nipote del fondatore dell’Ospedale: cosa non vera; forse per nipote intendeva discendente. Finalmente il 24 agosto 1737, assodate le pendenze verso Filippo di Lorenzo, Leone di Luozzo viene confermato Ospedaliere. La cosa più strana è che il Vescovo nomina l’Ospedaliere e il comune paga!! !

 

Negli Stati delle Anime del 1736,1741,1749,1758 la  Contrada quarta comincia dalla casa Baccari e finisce all’Ospedale  dove abita l’Ospedaliere di turno. Dal testo “Il Territorio di Capracotta” di Luigi Campanelli del 1931 apprendiamo che il 21 novembre 1797 l’appalto della taverna fu dato a Pasquale Bisciotti per un anno per ducati 12 con l’obbligo:

-di ben ricettare qualunque negoziante o passeggero;

– di ben custodire le loro robbe e mercanzie;

– di allogare le loro vetture (dando conto di ogni mancamento);

-di tenerla sempre aperta, provveduta di paglia, legna e combustibili;

-di ricoverarsi gli animali catturati, custodirli e provvedere alla manutenzione.

Quindi l’Ospedale era diventato una taverna gratuita del tutto particolare.

Domenico Di Nucci