L’Alto Molise in onda sui Rai Uno a Linea Verde, il programma che da mezzo secolo racconta agli italiani il mondo dell’agricoltura: un lungo viaggio tra i prodotti, i sapori, le tradizioni della nostra terra condotto da Massimiliano Ossini con la partecipazione di Eva Crosetta. Un programma di Carlo Raspollini e di Lucia Gramazio, Paola Miletich, Nicola Sisto e Vilma Tiberi. Il regista della puntata è stato Lorenzo Di Majo. Nei 57 minuti sono state trasmesse immagini relative ad Agnone, Capracotta, Castel del Giudice, San Pietro Avellana. Si è parlato di prodotti, di tradizioni e di turismo, quindi: dei cacicavalli del caseificio di Agnone del compaesano Franco Di Nucci, delle mele di Castel del Giudice, del tartufo di San Pietro Avellana, della pezzata di Capracotta, dei cavalli di Torre Feudozzo gestiti dal compaesano Loreto Carnevale che ha parlato di ippoterapia, una cura da lui sperimentata con successo e che consiglia a chi ha particolari problemi psichici e motori. Si è parlato dei tratturi, le antiche vie della transumanza che un paziente e imponente lavoro di ripulitura di parte di esso da parte del Corpo Forestale dello Stato sta restituendo agli amanti del trekking e della natura. Si è parlato della Riserva MAB di Monte di Mezzo. La trasmissione s’è chiusa con un ricco buffet a base di prodotti tipici dell’Alto Molise allestito nella piazza di San Pietro Avellana.
Due immagini di Loreto Carnevale. La prima all’esterno del maneggio e la seconda al suo interno intervistato da Eva Crosetti. Nel corso dell’intervista Loreto ha parlato di ippoterapia e della validità del trattamento, sperimentato di persona nella fanciullezza quando difficoltà motorie gli creavano problemi di deambulazione.
Il cavallo è stato il protagonista di Linea verde. La prima immagine in basso riporta al tratturo Celano-Foggia e, quindi, alla transumanza. Una trentina di cavalieri guidati dal giornalista Nicola Mastronardi ha accompagnato il conduttore della trasmissione, Massimiliano Ossini su un tratto del tratturo menzionato. I tratturi in passato erano 4000, negli anni settanta se ne contavano 1500. Il Molise è l’unica regione che conserva 400 km di grandi tratturi. Tratturi significa transumanza, transumanza significa pecore e, quindi, tradizioni e prodotti tipici. Non poteva mancare la Pezzata. Su un’area del tratturo lo chef Daniele Di Nucci e Giovannino Monaco (anziano transumante) hanno preparato un pentolone della tradizionale pietanza dei pastori, che, oggi, diventato un piatto tipico della ristorazione capracottese. Alcune parole sui tratturi le ha spese anche il dott. Pellegrino, dirigente del consorzio dei Tratturi che ha evidenziato che le finalità del Consorzio tendono a ridare fisicità a queste straordinarie piste per destinarle al turismo e cioè utilizzare il tratturo come meta per scolaresche, famiglie da percorrere a piedi, coi cavalli o in bicicletta. Stesse affermazioni sono state fatte da Armando Cardillo, vice questore aggiunto Corpo Forestale di Monte di Mezzo. Tratturo, transumanza, pecore significano anche latte e formaggi e la troupe televisiva ha puntato le telecamere sul caseificio Franco di Nucci di Agnone. Franco, originario di Capracotta, ha detto di essere un casaro che avendo fatto studi universitari ha trovato molte ragioni in più per continuare questo antico lavoro di famiglia. Franco, infatti, proviene da una famiglia di casari nata nel 1672. I suoi prodotti riempiono arrivano anche in Vaticano e, ogni anno si fregiano di medaglie nei più qualificati concorsi nazionali ed europei. Il caseificio Di Nucci trasforma latte di vaccino dal quale ottiene, nel rispetto della tradizione di famiglia, saporiti cacicavalli, scamorze, stracciate etc.
Nella foto in basso, invece, si è parlato delle mele di Castel del Giudice, mele biologiche messe a dimora nel 2000 su iniziativa di Gilberto Brigata, un agricoltore del trentino che decise, in quegli anni, di investire sul versante del Sangro Molisano per caratteristiche ambientali, a suo avviso, superiori al trentino. Le mele, oggi, sono una realtà importante per l’economia della zona e il merito di questo successo è da ascrivere all’ex sindaco di Castel del Giudice, Lino Gentile e ancora una volta al compaesano Ermanno D’Andrea che, dopo la morte di Gilberto, ha assunto la guida della nuova società.
La trasmissione così come era iniziata s’è chiusa con immagini e servizi sul tartufo molisano raccolto a San Pietro Avellana. “Abbiamo scoperto, ha raccontato Massimiliano, che il tartufo in questa zona è così abbondante da paragonarlo al petrolio dell’Arabia Saudita”. La dott.ssa Emilia Di Tullo (foto in alto), del Presidio Turistico di Isernia, ha evidenziato che il 40% della produzione italiana del tartufo proviene dal Molise. Naturalmente non è conosciuto come tartufo del Molise ma come Tartufo di Alba, perché, il tartufo non ha tracciabilità, non ha un marchio doc, solo Alba è stata brava ad affermarlo da più di un secolo a questa parte. Questo significa che il tartufo bianco commercializzato come tartufo d’Alba, proviene in larga parte dal Molise. I molisani l’hanno scoperto circa venti anni fa. I contadini molisani li chiamavano patate puzzolenti e non li apprezzavano. Furono proprio i commercianti del Nord a spingere i cavatori dell’Alto Molise a dedicarsi a questa attività che trovarono subito molto remunerativa al punto che da zero cavatori di circa venti anni fa, oggi, se ne contano 1500 solo nella Provincia di Isernia. La qualità del tartufo si misura attraverso la vista, l’olfatto e il gusto. Il tartufo non deve presentare macchie, deve essere compatto, integro. Premendolo non si deve muovere, se si comprime vuol dire che, all’interno, non è compatto si sbriciola, e, quindi, non è di qualità. L’odore forte, invece, attesta che il tartufo è fresco. Il sapore gradevole, alla fine, completa la qualità del tubero. La trasmissione s’è chiusa con una ricco buffet a base di tartufo e di gustosi prodotti tipici molisani
Fonte: Diario di Capracotta 2009 – 2010 di Matteo Di Rienzo