Panorama di Capracotta. Foto: Paolo Dell’Armi
Una delle storielle che ci raccontavano quando eravamo piccoli era quella del napoletano che per oscuri motivi era costretto spesso a recarsi a Capracotta.
Il malcapitato, oltre ai disagi dei faticosi viaggi con mezzi di fortuna su strade polverose e sconnesse, non indovinava mai il tipo di abbigliamento necessario: o si copriva tanto da soffrire il caldo durante tutto il viaggio per poi stare decentemente una volta giunto a destinazione, o partendo con abiti leggeri si ritrovava a tremare dal freddo. E spesso imprecava dicendo: «Chiste è nu paese addò fa diece mise de friddo e doje de frisculillo!» (Questo è un paese dove fa dieci mesi di freddo e due di fresco!).
Ma lo stesso napoletano, vittima un giorno di un’altra disavventura, lasciò traccia con un’altra battuta al vetriolo!
In una splendida e soleggiata mattinata primaverile, camminava respirando a pieni polmoni quella tipica aria frizzante quando improvvisamente da un vicolo sbucò un cane ringhiando e abbaiando. Il poveretto ebbe un attimo di spavento e si chinò istintivamente per raccogliere una pietra, che ricoperta da un sottile strato di ghiaccio, che il sole non era riuscito ancora a sciogliere, era saldamente ancorata al terreno! Gli andò bene perché il solo gesto di chinarsi spaventò il cane che desistette dall’aggredirlo. E passando il dorso della mano sulla fronte per detergere il freddo sudore da paura esclamò sbuffando: «Accà i can’ so sciolte e i prète attaccate!» (In questo paese i cani sono liberi e le pietre attaccate!).
Domenico Di Nucci