Durante uno dei frequenti temporali estivi un certo non so chi, dalla finestra di casa, controllava i campi coltivati tra cui il suo e seguiva l’evolversi del temporale. Il grano quasi pronto per la mietitura ondeggiava furiosamente sotto l’impeto del vento. Ad un certo momento iniziò una scarica di grandine.
«Povera Mariangela, la granera ie sta destruiènne tutte. Zitte zitte ca sta fenènne! E mò? Madonna…sta iènne a la terra méia…ménu male, ià gerèate attorna …sta acchiappanne sole Ze Vengiénze…mè mè ca ze sta alluntananne…uarda uarda come zé redutte chéle bèlle grane de Ze Minghe…E mò? Arcumènza chiù de prima…forse pure stavolda me la scambe…» ( Povera Mariangela, la grandine sta distruggendo tutto il suo campo di grano; meno male che sta cessando la tempesta! Ed adesso, Santa Vergine, la grandine sta dirigendosi verso il mio campo; meno male, ha girato intorno, sta colpendo solo il campo di Zio Vincenzo…dai, dai che la tempesta sta allontanandosi! Guarda come è ridotto il campo di Zio Domenico! E adesso? Ricomincia più forte di prima? Forse pure questa volta me la scampo!).
E così controllando da lontano gli effetti disastrosi di quella grandinata indicava ora il campo di tizio ora quello di caio fino a quando si accorse che anche il suo campicello veniva devastato: «E muò che ce sié misse le miane pure a mé, suocce Christe!» (Ed adesso che hai distrutto anche il mio campo, Signore, distrutti tutti!).
E “suocce Christe” era uno dei modi per specificare che la legge anche se dura è uguale per tutti ed anche per ammonire gli egoisti: nella vita si è tutti figli e non esistono figliastri!
Domenico Di Nucci