L’ingresso dell’esercito di Carlo VIII a Napoli il 22 febbraio del 1495
Il 13 ottobre del 1495, sotto il regno di Ferdinando II (Ferrandino) d’Aragona, il giudice ai contratti Pellegrino Ionata di Agnone, il giudice annuale Masius Iacobi Torri di Capracotta, il notaio Pascalis de Ianuntis di Forlì del Sannio e una lunga serie di testimoni certificano la sottoscrizione di un accordo tra l’Università (cioè il Comune) e alcuni notabili della città “reginale” di Agnone e l’Università e i maggiorenti di Capracotta all’interno della «chiesa maggiore» di quest’ultima, intitolata all’epoca semplicemente a «santa Maria». Siamo nel periodo decisivo dello scontro tra le truppe aragonesi e quelle francesi di Carlo VIII per il predominio sull’Italia Meridionale. Il Regno di Napoli è un grande campo di battaglia percorso a destra e a manca dalle schiere delle due fazioni in lotta con distruzioni, saccheggi e violenze di ogni sorta. La pergamena è custodita presso il Fondo Antico dell’Archivio Storico del Comune di Agnone.
Ma passiamo ad analizzare più dettagliatamente il documento notarile. Il giudice ai contratti era un funzionario di nomina regia che presiedeva alla stipula dei contratti per accrescerne la validità. Il giudice annuale, invece, era un ufficiale pubblico, eletto dalle comunità locali, che conferiva dal basso certezza giuridica ai contratti. Pellegrino Ionacta è il nipote di Marino Jonata, autore di una famosa opera letteraria: El Giardeno, che testimonia l’influenza culturale esercitata nel XIV secolo dalla Commedia di Dante Alighieri sulla produzione letteraria nell’Italia Meridionale. Non abbiamo informazioni sul notaio Pascalis de Ianuntis e sul giudice annuale di Capracotta, Masius Iacobi Torri. Per quanto riguarda quest’ultimo, dato che i giudici annuali normalmente «erant de nobilibus civitatis», possiamo dedurre che appartenesse al ceto più elevato della comunità capracottese del tempo.
Risulta molto più interessante, invece, l’analisi dei testimoni convocati per l’occasione nella Chiesa Madre di Capracotta ancora nelle sue linee rinascimentali. Il giurista Berardinus è «de Caramanico» (cioè, di Caramanico, oggi in provincia di Pescara), che all’epoca era feudo della regina Giovanna III, vedova del re Ferdinando I d’Aragona. Gli altri provengono quasi tutti da centri legati alla transumanza. Innanzitutto, quella abruzzese. Cichus de Amico e Georgius de Regatio vengono da Rocca Vallescura, oggi Rocca Pia, in provincia dell’Aquila. Altri, invece, arrivano a Capracotta da borghi posti lungo il sistema fluviale Sacco – Liri che rappresentava l’area di incontro tra le vie della transumanza che dall’Appennino andavano verso la costa laziale con quella che collegava la Campania alla Toscana attraverso il Lazio Meridionale: Honofrius Antonii Donati, Cichus della Ciorella e Antonello, (figlio) del maestro Paolo da Sulmona, provengono da Piedimonte San Germano (Frosinone); Domenicus Antonius da Vallerotonda (Frosinone). Infine, nel testo, compare un altro testimone originario addirittura di una città posta al di fuori del Regno: Maffeus de Buccino de Bergamo. Cosa ci faceva un testimone bergamasco in quel 13 ottobre del 1495 a Capracotta? Sicuramente era un mercante. I mercanti bergamaschi erano arrivati nel Regno di Napoli a partire dalla metà del XV secolo. Erano specializzati nelle attività manifatturiere e nel commercio, soprattutto in quello della lana, che costituiva la materia prima per la produzione nelle valli Imagna, Brembana e Seriana dei panni di lana: il cosiddetto «panno di Bergamo».
Il giudice ai contratti Pellegrinus Ionacta di Agnone, il giudice annuale di Capracotta Masius Iacobi Torri e il notaio Pascalis de Ianuntis di Forlì del Sannio dichiarano, notificano e attestano che il 13 ottobre del 1495 nella chiesa di santa Maria di Capracotta sono convenute alla loro presenza le delegazioni della città reginale di Agnone e di Capracotta.
Nella pergamena, Agnone è correttamente definita in più occasioni «reginale», perché di proprietà della regina Giovanna III d’Aragona. La Città delle Campane aveva ricevuto il 15 settembre 1404 da re Ladislao di Durazzo il privilegio del demanio regio, confermato poi dal primo sovrano aragonese, Alfonso il Magnanimo. Nel 1477, Ferdinando I (Ferrante) d’Aragona, l’aveva assegnata alla sua seconda moglie Giovanna III insieme ad altri importanti feudi del Regno tra cui Caramanico, Sulmona e Venafro, solo per limitarci a quelli presenti nell’atto notarile. Il re francese Carlo VIII, a sua volta, aveva confermato la piena proprietà alla regina il 26 febbraio del 1495, cioè qualche giorno dopo essere entrato a Napoli.
Per Agnone, sono presenti il mastrogiurato Angelutius Cole Cristofari, il giudice annuale Andrea Butii Gualterii, il sindaco Angelus Amicus, alcuni esperti di diritto (il giurista Iohannellus Antonii Sancte Lucie, il notaio Iohannes de Venafro e il notaio Iacobus Riczum), un tal Franciscus de Marinello e «numerosi altri uomini e cittadini» del governo della città.
L’elenco dei componenti della delegazione di Capracotta è molto più ampio e offre diversi spunti di riflessione. Il documento cita i «nobiles viri» Gualterius de Salvitto, Nicolaus Antonii, Iohannis Ionnacta de Michele, Renzeus Iohannis, sindaco, massari e «gubernatores» di Capracotta ma «etiam alii complures homines» (anche altri numerosi uomini) con incarichi di amministrazione e gestione («pro regimine et gubernatione») della cittadina altomolisana: il camerario Nicola Rosa, Salvittus de Carfaneis, Iohannes Faya, Honufrius Iohannis Casi, Nicolaus Zurzii, Nicolaus Precaczuni, Iacobus de Andrea, Simeone de Melocha, Salvator Antoni Corradi, Nicolaus Patrinus, Mafeus de Russo, Iohannes Paolus Lucarelle, Gabriel Amici Rubei, Simeon Marini de Filippo, Tomasius Amicus Cobellemi, Stallonus, Mafeus Iohannis Gerardi, Nicolaus Traversius e Petrus Tartaglione.
Da un’attenta analisi, possiamo constatare che nella comunità capracottese è in corso un profondo processo di differenziazione sociale. I primi quattro della lista hanno raggiunto una tale posizione sociale da essere definiti «nobiles viri», cioè membri della nobiltà cittadina, seconda soltanto alla nobiltà baronale dei «magnifici viri». Tra gli altri, due ci sono abbastanza noti: Nicola Rosa e Salvittus (Salvitto) de Carfaneis (Carfagna). Il primo, amministratore del patrimonio comunale, è citato in diversi documenti di epoca aragonese e successiva. È il capostipite di almeno un ramo della famiglia Baccari. Nel 1494, Isaia e Nicola Rosa succedono al fratello Domenico nel feudo de “Li Staffoli”. Altri documenti, relativi ai suoi discendenti, aggiungono al suo nome la formula «del Baccaro/ de lo Baccaro». Dai Cedolari, risulta che nel 1525 Nicola de Rosa è tassato per la metà del feudo di San Mauro nel territorio di Vastogirardi. Nel 1552, è tassato il figlio di Nicola, Quintiliano del Baccaro (alias de Rosa). Infine, nel 1573 è tassata la figlia di Nicola, Altavilla de lo Baccaro, alias de Cola de Rosa. Per quanto riguarda Salvitto Carfagna, sappiamo che nel 1515 ottiene il regio assenso per acquistare da Bartolomeo Carafa della Spina, Signore di Forlì del Sannio, i castelli di Caccavone, Pietrabbondante, il casale di Pizzi e i feudi di Carovilli e Castiglione. Nel 1518, sempre dal medesimo nobiluomo, acquista una parte di Castel di Sangro col vassallaggio e tutte le ragioni feudali.
In quel 13 ottobre del 1495, i Capracottesi promettono di pagare in perpetuo ad Agnone 40 ducati all’anno e di contribuire in parte a qualsiasi imposizione fiscale straordinaria che sarà stabilità dal re e dai futuri signori di quella città per trovarvi riparo negli scontri armati in corso tra gli eserciti dei luogotenenti di Carlo VIII e di Ferdinando II. L’importo deve essere corrisposto nel giorno della «Natività di Nostro Signore Gesù Cristo» nella città di Agnone, Isernia, Castel di Sangro oppure Capua.
Di contro, il sindaco, il mastrogiurato e gli uomini di Agnone si impegnano a prestare ogni ausilio necessario per la protezione degli abitanti di Capracotta e dei loro beni, sia in occasione delle guerre presenti sia di quelle future, fornendo fanti, uomini e artiglieria. Estendono ai Capracottesi il godimento dei loro stessi privilegi, delle grazie e delle immunità, attuali e futuri, in Agnone e in altri luoghi permettendo loro, qualora gli eventi bellici lo rendessero necessario, di poter trasferire gli animali nel proprio territorio cittadino con piena facoltà di abbeverarsi, pascolare e pernottare. Ovviamente, non dobbiamo pensare a sparuti gruppetti di animali legati alla sussistenza famigliare bensì a mandrie e greggi di un’economia commerciale. Un’attenta analisi di due cognomi presenti nella pergamena ci consente di capire anche di quali animali si tratta: Baccari e Carfagna. Da una fonte ecclesiastica del Diciottesimo secolo, gli Annales Minorum, sappiamo che il cognome capracottese “Baccari”, deriva dal latino “vaccarius”, guardiano di vacche, in questo caso da intendersi però come “proprietario di vacche”. Nel 1546, “Donatus Vaccarius” edifica a proprie spese su un fondo della propria famiglia un cenobio francescano. Per quanto riguarda l’altro, Carfagna, normalmente con questo termine si intende un tipo di lana grezza di colore scuro. In alcuni casi, anche più genericamente la lana. È dunque lecito supporre che i Carfagna avessero fatto fortuna con la produzione o la commercializzazione di questo tipo di prodotto ovino. In pratica, gli animali sono vacche e pecore.
Le parti contraenti vincolano al rispetto degli impegni presi i propri eredi e successori obbligando tutti i loro beni mobili e immobili, presenti e futuri, ovunque siano posti. Infine, stabiliscono, nel caso in cui gli accordi non vengano rispettati, di sottostare a una pena pecuniaria di cinquanta once d’oro da corrispondere per metà alla corte regia, o ad altra corte secolare o ecclesiastica competente per giurisdizione, e per l’altra metà alla parte lesa.
Possiamo concludere che l’accordo sottoscritto nella chiesa di santa Maria di Capracotta quel 13 ottobre del 1495 è di grande importanza perché attesta l’esistenza a Capracotta di un gruppo dirigente locale che, attraverso il controllo delle cariche amministrative, delle professioni e delle attività produttive, è ormai in grado di tutelare direttamente i propri interessi.
Gli amministratori e i notabili di Capracotta sottoscrivono in prima persona un patto militare con la vicina città di Agnone per salvaguardare la propria vita e i propri beni di fronte alla minaccia di una aggressione militare al di là della volontà del feudatario, Andrea d’Eboli. Il re Ferdinando I aveva concesso nel 1483 a questo nobiluomo il “mero et mixto imperio” e le famigerate quattro lettere arbitrali sui suoi feudi. In pratica, l’esercizio più assoluto e arbitrario del potere giudiziario nel campo civile e penale. Ebbene, questo barone non solo non lo usa in questa circostanza per punire l’insubordinazione dei suoi vassalli ma farà persino affari con gli eredi di uno dei sottoscrittori, Salvitto Carfagna, acquistando il 29 luglio del 1521 i feudi della Cocozzola, di Pizzo, Spedaletto e San Giovanni di Montemiglio, in teoria formalmente vincolati in perpetuo dall’atto notarile del 1495.
I Capracottesi, in questo documento, sembrano ben inseriti in un contesto produttivo più ampio, relativo alla transumanza, che spazia dalla Terra Vecchia all’Abruzzo, all’attuale Lazio meridionale fino alle valli del Bergamasco dove probabilmente arrivava, tramite i mercanti presenti nel Regno, la lana grezza prodotta dalle loro pecore per essere lavorata. E, quando la minaccia militare termina con la vittoria degli Aragonesi, non hanno alcuna difficoltà a disattendere gli impegni presi.
Da un’annotazione a penna presente sul retro della pergamena, sappiamo che il 13 ottobre del 1500 il notaio Paulum Bernardi di Agnone si reca presso la Regia Udienza di Sulmona a reclamare i 40 ducati pattuiti. Non riesce a ottenerli. Per questo motivo, probabilmente, qualche zelante burocrate dell’Università di Agnone annota, dietro la pergamena, questa prima azione intrapresa per il recupero del credito nella speranza di riscuoterlo in tempi migliori. Che, però, non arriveranno mai…
Francesco Di Rienzo
Bibliografia:
D. Di Nucci, F. Di Rienzo, C. Iannone, F. Valente, Gli accordi militari del 1495 di Agnone, Capracotta e Vastogirardi, Amici di Capracotta, Cicchetti – Industrie Grafiche srl., Isernia, 2018