Piante capracottesi: la Belladonna ovvero la ciliegia della pazzia

La pianta di Atropa Belladonna

L’Atropa belladonna, pianta erbacea, comunemente detta Belladonna appartiene alla famiglia delle Solanacee. Alla stessa famiglia appartengono un centinaio di generi e oltre 2000 specie tra cui le più note sono  la patata, la melanzana, il pomodoro, il peperone, il peperoncino e il tabaccoAtropa, nome del genere, deriva dalla mitologia greca. La Parca Atropa era colei che recideva il filo della vita; belladonna, nome della specie, deriva dall’uso cosmetico che ne facevano le dame del passato: l’acqua distillata di belladonna veniva utilizzata per rendere più ammaliante lo sguardo, con la dilatazione della pupilla. Soprattutto nel periodo autunnale non è difficile incontrarne le piante nei nostri boschi con le sue bellissime bacche nere e lucide così invitanti e non è raro trovare su una pianta contemporaneamente i fiori viola-marrone a forma di campana allungata e le lucide bacche.

Il fiore di Atropa Belladonna
Il fiore di Atropa Belladonna

Tutte le parti della pianta sono velenose; le bacche se ingerite danno stato di eccitazione, arrossamento del viso e confusione mentale al punto che in alcune zone la bacca è denominata la ciliegia della pazzia. La morte arriva per deficienza respiratoria. I primi dati sulla pericolosità della belladonna risalgono al 1500. Oggi, gli oculisti utilizzano le gocce di atropina, alcaloide ricavato da questa pianta, per dilatare la pupilla e procedere ad un esame più approfondito dell’occhio.

La bacca di Atropa Belladonna
La bacca di Atropa Belladonna

A Capracotta la pianta è molto conosciuta e negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, servì ad impinguare i magri bilanci familiari. Infatti Sebastiano Mosca fungeva da grossista e retribuiva chi gli consegnava le piante, radici comprese; evidentemente Sebastiano era in contatto con qualche industria farmaceutica interessata.

Domenico Di Nucci