La chiesa del Carmine a Canosa di Puglia
Un documento del 15 maggio 1757 registrato nel Libro delle Memorie fa riferimento ad un vero e proprio contratto stipulato nel 1602 tra l’Università di Capracotta e i Priori Generali dell’allora Chiesa di santa Maria del Carmine della Città di Canosa di Puglia. È un’altra interessante pagina della storia di Capracotta che viene portata alla luce. Le notizie che si possono ricavare sono importanti e collegano due paesi apparentemente molto distanti tra loro; è la conferma che la transumanza fino a quando è rimasta operante, ha favorito importanti scambi sociali e culturali.
E’ da premettere che durante il secolo XVII la transumanza coinvolgeva più di 50 paesi molisani: quasi tutti questi paesi fondavano la loro economia sulla pastorizia che rappresentava a volte, con l’indotto collegato, l’unica risorsa economica. Capracotta aveva, in quel secolo, il primato tra tutti i paesi molisani per il numero di locati, cioè i proprietari di pecore che erano autorizzati a sfruttare i pascoli invernali pugliesi. Vale la pena ricordare i cognomi di tutti locati che dal 1600 al 1800 hanno dato un fondamentale contributo alla vita capracottese: Baccaro, Bardaro, Campaniello (Campanelli), Carfagna, Castiglione, Colangelo, Conte, d’Andrea, de Baccaro, di Maio, di Ciò, di Gabriele, di Marco, di Marzo, di Rienzo, di Rinaldo, di Tello (di Tella), Falcone, Gualdieri, Melocco, Pettinicchio, Pizzella, Rosa, Tatuccio, Verrone, Venditto… Tra i locati erano compresi il Duca, la Duchessa, la Cappella del SS. Corpo di Cristo e la Cappella della Madonna di Loreto.
Nell’anno 1600, affrontarono la transumanza 27.500 pecore di locati capracottesi: appena un anno dopo Capracotta registrava 164 fuochi cioè circa 900 abitanti. Poiché, in media, un addetto alla transumanza (butteri, pastori, massari e garzoni) accudiva cento pecore, c’erano a Capracotta 275 abitanti, cioè quasi un terzo della popolazione, che viveva di pastorizia. Se poi consideriamo le famiglie dei locati e degli artigiani collegati alla pastorizia tra i quali fabbri, funari, calderai, sarti, calzolai e bastai abbiamo la conferma che la transumanza dava da vivere a Capracotta ed a tanti altri paesi.
La locazione di Canosa di Puglia con le poste di Postapiana, Bosco da Capo, Bosco da Piedi, Mezzamesa accoglieva quasi tutti i pastori di Capracotta. Logicamente anche i pastori si ammalavano e a volte perivano lontano da casa. Non essendo possibile trasportare la salma dei defunti a Capracotta per le esequie e né seppellire fuori dalle Chiese, l’Università di Capracotta pensò bene di stipulare nel 1602 con i Priori della Chiesa di santa Maria del Carmine un accordo che garantiva la sepoltura dei capracottesi, addetti alla transumanza, nella Cappella di San Sebastiano Martire; veniva inoltre cantato ogni primo lunedì del mese il “libera me Domine”. Fu pattuito un compenso di trenta carlini annui a carico dell’Università ed una lapide sepolcrale fu posta in detta cappella per fissare su pietra i termini di questo vero e proprio contratto.
Successe che nel 1757, dopo 155 anni, il sindaco dell’Università di Capracotta non volle versare quella piccola somma e i Priori se ne lamentarono e comunicarono al sindaco che se «le signorie vostre non voglino contribuire à questa piccola offerta, si toglierà la memoria da detta lapide ed anche il Jus a detta Cappella … estando nuda e senza suppellettili ed ornamento da potersi celebrare i santi sacrifici e né meno se ne fa commemorazione di detto Santo, nel suo giorno festivo con celebrarsi un sacrificio in nostra memoria, ed à la gloria di detto Santo; anche se le Signorie Vostre bramano goder detto Ius in detta Chiesa, il Priore e Priori di residenza gli fanno sentire che vogliono dotati ed ornati detta Cappella di suppellettili necessari per ivi celebrarsi ed ivi cantarvi una messa nel giorno festivo di detto Santo e da oggi farsi pubblico istrumento. Se tutto ciò vi si aggrada fatene pubblico parlamento con i vostri cittadini».
I priori quindi non solo chiedevano l’elargizione dei trenta carlini ma anche le suppellettili necessarie per le celebrazioni; il tutto da registrare in un nuovo “istrumento”. Questa comunicazione fu inoltrata al sindaco dell’epoca dal notaio Domenico Morca e il Cancelliere Nicola Mosca afferma di aver copiato integralmente il documento dall’originale conservato tra i registri del notaio Ignatio Vizzoca di Capracotta. La ricerca continua e se esistono a Canosa i libri dei morti dell’epoca sarà interessante conoscere i nomi dei capracottesi che furono sepolti lì. Non sappiamo quali siano stati gli sviluppi successivi della questione ma ancora oggi a Canosa di Puglia è vivo il ricordo della sepoltura di Capracottesi nella Chiesa diventata parrocchia e intitolata alla beata Vergine del Carmelo. È un peccato che la preziosa lapide non esista più!
Domenico Di Nucci