Giuseppe “Michelangelo” Di Rienzo nell’anno 1937
Quando nacque mio padre, il parto avveniva in casa. La levatrice condotta seguiva l’evolversi della gravidanza andando a visitare la puerpera a casa sua e veniva chiamata appena prima dell’evento. Era consuetudine che parenti, comari e donne del vicinato coordinate dalla levatrice accorressero per dare un prezioso aiuto. Poi la levatrice si recava in municipio per registrare ufficialmente la nascita. Quando nacque mio padre, mercoledì 19 marzo 1913, fu detto alla levatrice che avrebbe portato il nome del nonno Michelangelo anche perché precedentemente era morto un fratellino con lo stesso nome. Al Comune invece la levatrice dimenticò la segnalazione avuta e fece registrare, a insaputa di tutti, il nome Giuseppe.
E così all’età di sei anni mio padre fu chiamato da tutti Michelangelo. Nel 1919 mia nonna Pasqualina, che a stento sapeva scrivere il suo nome e cognome, con il certificato di nascita rilasciato dall’anagrafe del Comune, iscrisse il figlio Michelangelo alla prima elementare.
Dal primo giorno di scuola quando il maestro faceva l’appello, al nome di Giuseppe Di Rienzo nessuno rispondeva. Dopo una diecina di giorni il maestro, tramite la bidella, convocò mia nonna per chiedere perché Giuseppe non frequentasse le lezioni. Lì per lì mia nonna Pasqualina rimase molto stupita per quanto affermava il maestro essendo sicura che il figlio ogni giorno usciva di casa per recarsi a scuola. Allora il maestro chiese a mia nonna di verificare se tra gli scolari ci fosse suo figlio: al cenno della madre, il figlio si avvicinò e fu il maestro a restare stupito perché non si era accorto della presenza in classe di mio padre.
Alla domanda del maestro “Perché non rispondi all’appello?”, replicò: “Signor maestro, ma voi non mi chiamate ma!”. A quel punto un rapido chiarì come stavano le cose e così mio padre, fino ad allora chiamato Michelangelo, scoprì di chiamarsi ufficialmente Giuseppe. Era impossibile far correggere dall’ufficiale dell’anagrafe quanto annotato nel registro e quindi Michelangelo diventò obbligatoriamente Giuseppe.
E non fu piacevole né per i nonni né per mio padre scoprire una cosa del genere. Per superare l’imbarazzo che i due nomi avevano creato fu chiesto a mio padre se gli piacesse il nome Peppino: scelse di essere chiamato da tutti Giuseppe perché Peppino era il diminutivo con cui a Capracotta era stato chiamato un cavallo. E così per l’errore di una levatrice il nipote di Michelangelo si chiamò Giuseppe!!!
Sebastiano Di Rienzo
Fonte: S. Di Rienzo (a cura di D. Di Nucci), Il cappotto di quarta mano. Ricordi di un’infanzia felice, De Luca Editori d’Arte, Roma, 2017