A briglia sciolte… verso gli 80 anni

Aldo Trotta a cavallo in una caricatura

Il 25 giugno u.s. ho letto sul “Corriere della Sera” una lunga intervista al mio illustre coetaneo Roberto Vecchioni, più noto come cantautore e vincitore di un festival di Sanremo, piuttosto che come professore di lettere nei Licei; l’occasione per quell’articolo era, naturalmente, la ricorrenza del suo ottantesimo compleanno ma io, del tutto sinceramente, non avevo mai prestato attenzione al genetliaco di personaggi più o meno noti. In questo periodo è stato un po’ diverso perché, fra qualche settimana, dovrei essere io a tagliare l’importante traguardo delle 80 candeline e, del tutto sinceramente, stento ancora a crederlo: ho avuto infatti la strana impressione che gli ultimi decenni siano paradossalmente trascorsi lentissimi e veloci al tempo stesso. In ogni caso ho dovuto arrendermi all’evidenza di un disegno caricaturale che mi aveva regalato un artista olandese durante un congresso; incuriosito dal mio cognome, mi aveva raffigurato a cavallo nel viavai di un reparto ospedaliero, ed è innegabile che, tanti anni fa, gli avessi suggerito l’immagine di un medico già … molto vecchio.

Così, sarà forse un luogo comune, ma ora appartengo alla cosiddetta “quarta età” senza essermi neppure accorto della “terza” in cui avrei ancora potuto modificare qualcosa del mio percorso e dei miei obbiettivi: imperdonabilmente sono davvero… fuori tempo massimo; ma non voglio certo tornare allo sconforto dell’ultimo periodo vissuto in un luogo diverso da quello dei miei sogni e per di più, anche per gravi esigenze assistenziali in famiglia, quasi isolandomi da tutto e da tutti.

La prima domanda che hanno posto a Roberto Vecchioni è stata:

Com’è avere 80 anni?”.

Ne ho condiviso la risposta per quanto attiene il fisico giacché è indiscutibile che, pur senza soffrire di malattie più gravi, invecchiando si fa ogni giorno più fatica; in altri termini considero abbastanza veritiera la massima latina che diceva “Senectus ipsa morbus” (“La stessa vecchiaia è una malattia”) e concordo con l’opinione del professore anche per quanto attiene “l’interiorità” di ciascuno di noi:

La stagione della vecchiaia riflette il livello della coscienza e ha poche variazioni; magari ha slittamenti intellettuali, ideologici, ma la sua natura, dai vent’anni in poi, non si riduce: anzi aumenta ogni ora. È un tempo della vita di cui ti sai appropriare, sei capace di custodirlo e di assaporarlo con il pensiero”.

Dell’intervista a Vecchioni mi ha soprattutto colpito il titolo:

“A 80 anni ho capito che Dio esiste”;

me ne sono molto rallegrato per lui essendo convinto di non dover fare la sua stessa confidenza perché, senza merito alcuno da parte mia, considero una grazia aver sempre custodito un granello di Fede; ciò nonostante, la mia venerabile fascia di età mi induce a un’approfondita valutazione del suo reale significato nella vita e direi che il mio tentativo di approfondimento spirituale è stato certamente favorito, negli ultimi anni, dal silenzio e dalla meditazione. Hanno forse contribuito alla mia analisi interiore proprio i dispiaceri e le prove di questo difficile periodo, in aggiunta alla delusione di non poter ritornare stabilmente a Capracotta,  mio caro paese di origine; non mi abbandona del tutto, inoltre, lo scrupolo  di essermi talora adagiato in una Fede, per così dire, …all’acqua di rose e quindi un po’ soporosa e senza slanci, ma sto accorgendomi che, poco per volta, il mio sforzo di approfondimento, sia pure così tardivo, comincia a ricompensarmi.

Ripensandoci, mi tornano in mente gli insegnamenti di mia nonna Guglielma, certamente una vera maestra di vita della quale, come ho sempre ricordato, ho tuttora l’impressione di ascoltare la voce e i consigli; del resto anche Roberto Vecchioni confessa di dedicarsi alla preparazione di un libro intitolato “Lettere di là dal buio”: simbolicamente indirizzate a un nonno fantastico che in fondo, come lui stesso ammette, si identifica con la propria coscienza; anch’io, nel mio piccolo, ho cercato di elaborare lo sconforto e la malinconia di questi anni indirizzandoli verso un moderato ottimismo e facendo di tutto per ripercorrere  questi lunghi 80 anni, con le loro emozioni.

Se c’è un cruccio che mi assilla, è il timore di non fare in tempo a completare la mia verifica interiore ed è proprio a una canzone di Roberto Vecchioni che mi affido per esprimerlo compiutamente; si tratta del brano intitolato “Miracolo segreto” che lui stesso definisce la più bella melodia della mia vita”:

“…come alla fine di una festa

dammi questo miracolo segreto,
solo un anno di tempo
per tornare ancora indietro,
ritrovare le cose che ho lasciato chissà dove,
dammi un anno di tempo per riscrivere parole”
.

Eppure mi rendo conto che, anche se vivessi tanto tempo ancora, non sarebbe facile riassumere gli accadimenti e la multiforme esperienza di un così lungo periodo: non basterebbe un intero volume e, soprattutto, non riuscirei forse a rimanere obbiettivo; nello scrupolo, oltre tutto, di non essere riuscito a “farmi prossimo” delle persone che mi hanno affiancato lungo la strada ma, ancora una volta, mi soccorrono le parole della canzone che citavo:

“…non ti chiedo di continuare
a vivere e ad amare,
non ti chiedo di stringere
chi mi son lasciato indietro,
ma solamente il tempo
per poter ricordare”.

 A Roberto Vecchioni hanno anche chiesto:

“Quali sono gli errori che consiglieresti di evitare a te bambino?”

e ho parimenti apprezzato che dicesse:

“No, io non rifarei tutto quello che ho fatto”L’esistenza non è fatta per trovare sempre la giusta via. Noi ci siamo ribellati all’idea di avere le strade segnalate per essere felici e abbiamo detto No, noi vogliamo soffrire sulla terra, dobbiamo cercare, sbattere, cadere, rialzarci”.

 Ancor più impegnativa, soprattutto per me, l’ultima delle domande:

“Che speranza hai a 80 anni?”

cui Roberto Vecchioni ha risposto:

“Arrivare a 80 anni è una fatica, ma si rimane come prima

quando la mente e il cuore sono quelli dei 30 anni”;

ha poi fatto finta di credere, con sottile ironia, alle parole del “Prometeo incatenato”:

“Ho tolto agli uomini la paura della morte”

Come hai fatto?

“Ho immesso nei loro cuori delle speranze cieche”.

Da parte mia, augurandomi di meritarlo nonostante i tanti…demeriti, faccio voti affinché nel tempo che mi rimane da vivere si consolidi sempre più la cristiana, luminosa Speranza di una vita sovrannaturale: l’unico, insostituibile vaccino contro la paura di morire.

Aldo Trotta