Se da un lato l’esperienza insegna a non dare mai nulla per scontato, dall’altro, anche il non sottovalutare ciò che a prima vista parrebbe non attinente, potrebbe condurre a piacevoli scoperte inaspettate.
Un dettaglio ha destato la mia attenzione durante la lettura del testo “La Borgata Ribelle-Il rastrellamento del Quadraro”, a cura di Walter De Cesaris, edito da Odradek nel 2004.
Nel volume è raccontato l’episodio del rastrellamento effettuato sotto il comando dell’allora maggiore Kappler, dai nazisti, nel quartiere Quadraro in data 17 aprile 1944, a seguito dell’uccisione di tre soldati tedeschi avvenuta il precedente 10 aprile, presso un’osteria del quartiere, ove pare fosse presente anche Giuseppe Albano, meglio conosciuto come il “Gobbo del Quarticciolo”.
Il Quadraro, conosciuto come “il nido di vespe “, poiché qui riuscivano a sparire tutti i ricercati dai nazifascisti, fu circondato quella mattina all’alba da mezzi blindati, camionette, mitragliatrici e oltre un centinaio di militari tedeschi.
Nato come borgata agli inizi degli anni Trenta del Novecento, posto all’inizio della via Tuscolana, era abitata in prevalenza da immigrati del Sud, per la maggior parte abruzzesi.
Il controllo effettuato casa per casa portò al fermo di tutti gli uomini dai 16 ai 60 anni: inizialmente raggruppati presso il Cinema Quadraro (Via Tuscolana 796, oggi non più esistente), trasferiti in treno nel campo di Fossoli (MO), furono in seguito inviati in varie località per “lavoro coatto” nelle fabbriche tedesche.
L’esatto numero dei deportati, non si è mai riusciti a definirlo: nel testo si parla di 947 uomini, nella lista compilata dal parroco di Santa Maria del Buon Consiglio, don Gioacchino REY, sono 619 i nomi dei deportati.
Il parroco chiese subito il rilascio del medico e del farmacista in quanto indispensabili al quartiere e venne accontentato, continuò a non dare tregua ai tedeschi chiedendo il rilascio di più ostaggi possibili per i motivi più disparati (malati, vedovi con figli piccoli non assistiti, persone a suo dire più anziane che non avevano documenti, falsi collaborazionisti di fascisti che una volta rilasciati diventavano uccel di bosco, ecc.,), al punto da esasperare i nazisti che lo malmenarono in varie occasioni, fino alla partenza degli ostaggi.
Come in altre analoghe circostanze, alcuni deportati riuscirono a fuggire, altri si nascosero nei luoghi più impensati, altri ancora saltarono dal treno e ci fu pure chi, in verità pochi, purtroppo perì di stenti durante il viaggio di ritorno.
Il 17 aprile 2004 il Municipio X di Roma, nel cui territorio ricade il Quadraro, è stato insignito della Medaglia d’oro al Valor Civile.
Il dettaglio che ha catturato la mia attenzione è il seguente: a pag. 4 della lista redatta dal parroco in ordine alfabetico, compare nella lista dei deportati: DI TANNA Alfredo, di Giovanni – Via Cerere, 2.
La via ancora esistente è una traversa di Via dei Quintili, vicino la stazione della Metro A Porta Furba – Quadraro.
Il civico 2 invece non esiste più (si parte dell’8): dai sopralluoghi effettuati e dalle testimonianze dei più anziani della zona, questo civico era già sparito alla fine degli anni Quaranta, attualmente il suo spazio è occupato da quanto riportato nella foto.
Del signor Alfredo DI TANNA, dopo 80 anni nessuno ha memoria (gli anziani interpellati, all’epoca erano bambini piccoli, i più grandi sono ormai scomparsi).
Il cognome DI TANNA a Capracotta è registrato fjn dal 1624 (ormai quattro secoli) con varie accezioni: da DE TANNO a DI TANNI oppure DE TANNA.
Probabilmente Alfredo DI TANNA, figlio di Giovanni, non sarà nato a Capracotta, forse qualche filo di parentela lo avrà legato a qualche paesano, oppure nulla ha a che fare col nostro paese.
Nel caso che qualcuno dei lettori avesse notizie al riguardo e fosse così gentile da segnalarcelo, potremmo forse insieme scrivere una nuova pagina, inedita per quell’immenso puzzle che è la storia di Capracotta e dei suoi figli.
Grazie fin d’ora a chi potrà e vorrà venirci incontro.
Paolo Trotta