Mǝ vujǝ spusà a Crapacòttǝ

Panorama di Fraine

«Mǝ vujǝ spusà a Crapacòttǝ» (mi voglio sposare a Capracotta) è uno stornello che veniva cantato dalle donne della cittadina di Fraine (Ch) quando si recavano a lavare i panni al lavatoio pubblico o al torrente Lama.

Mǝ vujǝ spusà a Crapacòttǝ
sǝ nǝ mǝ piaciǝ la spósǝ jǝ la rǝportǝ.
Affacciǝtǝ a sa fǝnèstrǝ prónta próntǝ
jéttǝmǝ nu capéllǝ da sa frontǝ.
Pǝ còjǝ lǝ cǝrasciǝ ciǝ vò l’unginǝ.
pǝ fa l’ammórǝ ciǝ vò lu malandrinǝ.

Voglio sposarmi a Capracotta
se non mi piace la sposa gliela riporto.
Affacciati alla finestra pronta pronta
buttami un capello da quella fronte.
Per cogliere le ciliegie ci vuole l’uncino.
per far l’amore ci vuole il malandrino.

Anche se erano le donne che cantavano, lo stornello si riferiva alla bontà delle spose capracottesi; però gli ultimi due versi citano “uncino” e “malandrino” in modo ambiguo come se gli uomini capracottesi non avessero “uncino” e non fossero abbastanza “malandrini”.

Certamente dovevano esserci rapporti tra Fraine e Capracotta. Nella numerazione dei fuochi del 1732, per esempio, è annotato un Giovanni Battista Santillo proveniente dal paese abruzzese anche se il suo cognome era già presente a Capracotta nel 1660.