Di nuovo sognando… la neve

Andrea, nipote secondogenito di Aldo Trotta, qualche anno fa sulla neve a Prato Gentile

Mi rendo conto di rasentare la patologia psichiatrica confidando il mio grande timore che stia per iniziare un altro inverno completamente o quasi privo di precipitazioni nevose: tanto più essendo stato inevitabile che trasferissi la mia residenza sulla costa adriatica. E’ quanto mai sintomatico il contenuto di un mio incubo notturno ricorrente perché, sognando di essere sugli sci come tanti anni fa, mi assale l’angosciosa sensazione che la neve si stia sciogliendo a vista d’occhio sotto i miei piedi.

In precedenza avevo vissuto per tanti anni con la famiglia all’Aquila, città dal clima abbastanza simile a quello del mio paese di nascita, Capracotta, che si colloca al secondo posto tra i comuni più alti dell’Appennino; in autunno le prime avvisaglie della stagione fredda, in genere accompagnate da un po’ di malinconia, avevano invece su di me un effetto euforizzante: al punto che ero ansioso di ritrovarmi tra le montagne, nel mio elemento più naturale e cioè in mezzo alla neve; avevo persino urgenza, ogni anno, di sostituire le  gomme estive con quelle invernali sulla mia automobile sebbene negli ultimi tempi si siano rivelate praticamente inutili; sono rimasto perciò perplesso quando, nello scorso mese di ottobre, lo storico Sci Club di Capracotta ha organizzato delle importanti gare nazionali di “Ski-Roll”. Mi hanno anzi un po’ rattristato i filmati delle competizioni e di quei pur bravissimi atleti perché, secondo me, sembravano correre con i pattini a rotelle piuttosto che con gli sci; del resto, mi dicevo, è impossibile attendersi che nel 2024 la neve eserciti lo stesso impatto emotivo che ha avuto su di me e sulla mia generazione. Più volte ho raccontato infatti che a Capracotta, quando la neve provocava grandissimo disagio, per noi ragazzi era invece un’insostituibile compagna di giochi e di divertimento; ed è per questi motivi che mi pare velleitaria la pretesa di salvaguardare ad ogni costo il settore turistico degli sport invernali. Mi ha anzi un po’ scandalizzato, tanto più in un periodo così critico, apprendere che in Cina, nella megalopoli di Shangai, sono stati inaugurati dei giganteschi impianti sportivi, innevati in modo artificiale e, naturalmente, al coperto.

Da profano non posso certo affrontaretemi di questa complessità con i quali si stanno cimentando, purtroppo in ritardo, anche le organizzazioni internazionali, ma è ampiamente confermato il drammatico calo delle precipitazioni nevose; fino al punto che, rispetto a 40 anni fa, nell’emisfero settentrionale esse si sono ridotte di circa un mese all’anno. E tutto ciò comporta, tra l’altro, una diminuzione del cosiddetto “albedo”, cioè della frazione di luce solare respinta dalla superficie terrestre: la più determinante, purtroppo, per contrastare il cosiddetto effetto-serra; mi sembra così di poter dire che ci troviamo in un vero e proprio circolo vizioso in quanto la copertura nevosa è una componente fondamentale del clima e una sua ingravescente riduzione comporta una serie di conseguenze a cascata.

Basta pensare alle peggiorate possibilità di approvvigionamento idrico su cui si fonda lo stesso impiego dei cosiddetti “cannoni sparaneve” sempre a condizione, s’intende, che la temperatura ambiente sia intorno a 0°;  la neve inoltre, essendo formata da cristalli di ghiaccio dalla struttura particolare, trattiene al suo interno una certa quantità di aria che, creando un importante isolamento termico, protegge il terreno dal pur rigido clima invernale; essa si comporta, quindi, come una coperta perché, sotto uno strato di pochi centimetri, il suolo con tutti i suoi organismi rimane protetto dai repentini cambiamenti climatici. È tuttora conosciuto e apprezzato, infatti, il proverbio che dice:

Sotto la neve pane, sotto l’acqua fame”.

Così, sia pure cercando di resistere, è grande il rimpianto per la neve dei miei anni infantili e giovanili cui si associa, inevitabilmente, il ricordo di tanti componimenti poetici ad essa dedicati; rileggendone anzi alcuni, si potrebbe erroneamente ritenere che siano stati scritti tanto tempo fa ed invece essi confermano che sono bastati all’uomo pochi decenni per provocare il disastro climatico che tutti ora conosciamo.

Così, tanto e solo per esempio, mi piace ricordare la famosa poesia di un nostro illustre corregionale, Gabriele D’Annunzio, intitolata “Neve”; voglio anzi riportarne integralmente il testo perché ciò che descrive lascia davvero sbalorditi nel confronto con la situazione attuale:

“Scende la neve su la terra madre,
placidamente. E lei bianca riceve
la terra ne’ suoi giusti ozi, da poi
che all’uomo copia di frutti ha partorito.
Guarda il bifolco splendere a’ sudati
campi la neve, mentre siede al desco;
e a lui dal cuor la speme e dal bicchiere
sorride la primizia del vino.
Scendi con pace, o neve; e le radici
difendi e i germi, che daranno ancora
erba molta agli armenti, all’uomo il pane.
Scendi con pace, sì che, al novel tempo,
da te nutriti, lungo il pian ridesto,
corran qual greggia obbedienti i fiumi”
.

Per concludere, mi sembra innegabile che sia sconfortante il paragone tra “i fiumi che in passato, alimentati dal lento scioglimento della neve, scendevano docilmente a valle” e la violenza devastante delle alluvioni attuali: sempre più frequenti, purtroppo, anche in Europa e in Italia.

Speriamo che, sia pure…in extremis, l’umanità intera rinsavisca ma i segnali che arrivano non sono certo rassicuranti.

Aldo Trotta