Capracotta: un luogo di grande interesse per la “biofilia” e le “terapie forestali”

Aldo Trotta nel bosco di Capracotta vicino alla “Fonte di Carovilli”

Ancora una volta è stata imprevedibile l’occasione di riflettere all’argomento cui voglio dedicarmi perché mi è capitato di leggere un articolo di Elena Meli sul quotidiano “Corriere della Sera” del 17 novembre u.s., intitolato “Prescriviamoci un rilassante bagno di foresta”; da vecchio medico infatti, queste parole hanno suscitato in me particolare interesse e curiosità, specie dopo alcune recenti passeggiate nei boschi che circondano il paese di montagna in cui sono nato, Capracotta.

Qualcuno potrebbe pensare che io sia favorevole a quelle correnti pseudoscientifiche di pensiero, purtroppo abbastanza diffuse, secondo cui si può prevenire o curare qualsiasi patologia con metodi naturali: non è è assolutamente così e lo dimostra il fatto che ho svolto la mia attività professionale in ambiente ospedaliero; come premessa, inoltre, è doveroso che sottolinei la mia  totale disapprovazione per alcuni metodi di terapia assolutamente privi di fondamento scientifico come la cosiddetta “medicina omeopatica”. Ciò non toglie tuttavia che, pur non essendone un cultore, io abbia sempre riconosciuto e apprezzato il beneficio di diversi trattamenti naturali che, se pure non ben codificati, concorrono spesso con efficacia al benessere psico-fisico delle persone; del resto c’è un famoso proverbio latino che dice “est modus in rebus”, (c’è una misura nelle cose”),e io mi sforzo di applicarlo cercando sempre di rifuggire dalle categorie mentali assolutistiche.   Al contrario, pur senza conoscerne tutti i princìpi, mi lusinga l’idea di appartenere alla corrente di pensiero chiamata “Biofilia” perché questo termine, costituito dalle parole greche bio (vita) e philia (amore), significa letteralmente amore per la vita, per tutti gli esseri viventi e, in generale, per la natura; nell’articolo di stampa che citavo, è riportato il pensiero del biologo statunitense Edward Wilson che descrive il nostro legame profondo e irrinunciabile con gli elementi naturali:

“dentro di noi ci sarebbe un ‘imprinting verde’, ancestrale, che rende la natura una chiave del nostro benessere fisico e mentale”,

Tutto ciò mi ha stimolato ad approfondire questi argomenti ed è stata una vera sorpresa apprendere della cosiddetta “Forest Therapy”(“Terapia Forestale”): i cui princìpi, esposti in alcuni trattati a cura del Centro Nazionale per le Ricerche (CNR) e in altre importanti pubblicazioni, sono stati efficacemente riassunti dalla dottoressa Federica Zabini:

«I libri espongono le ragioni fondamentali che rendono la foresta un ambiente ‘terapeutico’, fino a renderla un potenziale supporto sanitario, oltre che un elemento insostituibile per la stabilità della vita sulla Terra”.

È quindi dimostrato che immergersi nella natura può aiutarci a ritrovare il benessere fisico e mentale e farlo nei boschi porta il nome di “Forest bathing” (“Bagno di Foresta”); si tratta di una pratica molto antica, nata in Giappone con il nome di “Shinrin Yoku” e diffusa adesso anche in Italia ma, da inesperto assoluto, credevo contemplasse solo benefici di carattere psicologico. Come molti sanno, inoltre, la stessa architettura sembra attualmente ispirarsi alla natura, specie nelle grandi città più o meno assediate dallo smog; si cerca infatti di progettare strutture e abitazioni sempre…più verdi: come ha fatto Stefano Boeri nel suo “bosco verticale” di Milano costituito da due torri di 110 e 76 metri di altezza che ospitano 800 alberi, 4.500 arbusti e 20.000 piante di cento specie vegetali diverse.

Secondo la presidente dell’Accademia Italiana di Biofilia, Rita Trombin: “la sola visione degli alberi da un letto di ospedale accelera i tempi di guarigione del 18%, riduce l’assunzione di antidolorifici del 22% e diminuisce il 53% dello stress acuto”: ed è in questa prospettiva che nel 2025, sempre a Milano, sarà inaugurato un nuovo Policlinico con ben 7.000 metri quadri di “giardino pensile”.

Se tutto ciò fosse confermato, si tratterebbe già di un risultato apprezzabile, ma io ignoravo l’esistenza di vantaggi anche fisici ottenibili con la “terapia forestale”: ben diversi da quelli derivanti dall’esercizio fisico come nel trekking o in altre attività sportive e che giungono persino a coinvolgere il sistema immunitario; ragione per cui è doveroso un cenno alle cosiddette cellule “natural killer”(NK), una classe di linfociti particolarmente importanti nel riconoscimento e nella distruzione di cellule neoplastiche o infettare da virus con un meccanismo definito appunto “naturale”; mi ha impressionato, infatti, leggere alcuni lavori scientifici internazionali su questo tema, in prevalenza giapponesi e in particolare il seguente:

Forest bathing enhances human natural killer activity and expression of anti-cancer proteins”

 (Int. J. Immunopathol Pharmacol – 2007)

(“Il bagno di foresta incrementa l’attività delle cellule ‘natural killer e l’espressione di proteine attive contro i tumori”).

Le sue conclusioni sono clamorose perché:

“…è stato dimostrato che il “forest bathing” accresce significativamente il numero delle cellule NK, della perforina, della granulisina e di altre proteine anti-cancerose”.

Un’altra pubblicazione che ha attirato molto la mia attenzione è quella comparsa su “Molecular Sciences” nel 2020e intitolata:

“Therapeutic Potential of Volatile Terpenes and Terpenoids from Forests for Inflammatory Diseases”

(“Potenziale terapeutico dei Terpeni e dei Terpenoidi volatili delle foreste nelle malattie infiammatorie”).

I suoi risultati sembrano confermare inequivocabilmente che gli aerosol naturali respirati nelle foreste si rivelano spesso utili sia a prevenire che a curare diverse malattie infiammatorie; e tutto ciò mi ha fatto tornare in mente alcuni convegni di pneumologia pediatrica tenuti nel recente passato a Capracotta: dove erano stati poi organizzati con successo dei periodi di soggiorno terapeutico, certamente in regime di forest bathing, destinati a gruppi di bambini affetti da asma bronchiale.

In definitiva, sperando che tutto ciò possa ottenere conferme sempre più valide, è lusinghiera l’idea che anche a Capracotta si possa istituire un “Centro di Terapia Forestale”: sulla scia di quelli già realizzati in Italia e non solo nei territori dell’arco alpino; e non si può non ricordare la presenza qualificante nel nostropaesedi un meraviglioso “Giardino della Flora Appenninica” in cui tra l’altro, a luglio dello scorso anno, si era svolta con successo una manifestazione intitolata “Bagno di bosco immersi nella natura”.

Ancora inseguendo i miei pensieri, mi è tornato in menteun simpatico, anziano cittadino di Capracotta di cui mi avevano raccontato tanti anni fa; restìo come tutti ad allontanarsi dalla tranquillità e dalla salubrità del suo paese, per una volta si era lasciato convincere a trascorrere i mesi invernali a Roma, ospite di un figlio che vi risiedeva; rientrato invece dopo pochi giorni a Capracotta, a chi gli domandò perché non avesse mantenuto il suo proposito, rispose testualmente:

“Ne ‘mme faceva l’aria”

(non mi faceva bene l’aria della città).

Così non posso che rinnovare idealmente, ancora una volta, la mia grande ammirazione per quel vecchio compaesano che di mestiere, mi dicevano, aveva fatto anche il boscaiolo; e non credo di sbagliare restando convinto che alla sua innata saggezza non avrebbe aggiunto granché la conoscenza della moderna letteratura in tema di “Biofilia” o di “Terapie Forestali”.  

Aldo Trotta