Il lavoro dell’ing. Filippo Di Tella sulle fonti di Capracotta
La particolare posizione geografica di Capracotta disposta lungo un crinale con dirupo verso la Valle del Sangro, tra le due vette di Monte Capraro (1730 metri s.l.m.) e Monte Campo (1746 s.l.m.) apparentemente non avrebbe dovuto dare nel corso dei secoli problemi di approvvigionamento di acqua potabile vista la vicinanza dei due monti e le precipitazioni nevose di solito consistenti. Invece, esaminando il pregevole lavoro pubblicato dall’ingegnere Filippo Di Tella sulle fonti di Capracotta, emerge subito che sono pochissime le sorgenti da cui poter attingere acqua e a quota più alta dei 1421 di Capracotta. Infatti nei dintorni di Capracotta la sorgente più importante è quella del Verrino, impropriamente indicato come torrente ma vero e proprio fiume perché non va mai in secca. Tale sorgente è posta a 1190 metri s.l.m. alle pendici di Monte Capraro e ha inciso con le sue acque una stretta e profonda gola fin sotto l’abitato di Agnone dove l’alveo maggiore si allarga a volte anche oltre i 100 metri. Essendo ad una quota più bassa dell’abitato di Capracotta, le sue acque non sono state utilizzate per secoli come approvvigionamento idrico.
Agli inizi del 1900 «Leonardo Falconi fu il primo a far eseguire, a proprie spese, il progetto, ora attuato della derivazione e sollevamento idrico delle acque della sorgente del torrente Verrino, indispensabile complemento per la futura attuazione delle fognature» (dal Libro delle Memorie, Maggio 1937; Storia del XIX e XX secolo, scritto dal Cav. Giovanni Paglione). Tante sono le sorgenti più o meno vicine a Capracotta come Fundione, Cummenisce, ma tutte a quote più basse; altre come Brecciaia , Pilone Vecchio, Macariéglie e Fonte Fredda anche se a quote idonee o hanno una piccola portata (brecciaia) o sono molto distanti dall’abitato. È facile immaginare il disagio per trasportare acqua potabile nelle caratteristiche tine di rame poste in equilibrio sulla testa delle donne. Un primo cenno ad un acquedotto a Capracotta lo ritroviamo nella cosiddetta “Indagine murattiana” del 1812. Riferendosi al circondario di Capracotta così recita: «L’acqua nel Circondario di Capracotta usata a titolo d’alimento attingesi per lo più dà fonti, né d’altra natura ne trova vicino, o dentro l’abitato. Essa, pura abbastanza, non merita chimici apparecchi, onde rendersi potabile. Portata da quattro in cinquecento passi in canali d’abete sotterrati viene fin dentro le mura delli Comuni, raccogliendosi in conche di fabbrica una volte ben fatte, e coverte, ora rovinate dalla ingiuria dei tempi. Per le sue pure sorgenti, per l’innocenza del suo cammino, e perché mai soggetta a ristagni, non manca di tutte quelle proprietà, che render la possano potabile e salubre. Essa è pura, limpida perfettamente, nonché negli alluvioni, e cause simili in cui sensibilmente intorbidasi per l’imperfetta costruzione degli acquedotti. E’ senza odori, viva, fresca, sbattuta, piacevole, pronta a bollire, e cuocere, ed a sgappare i legumi. Finalmente scioglie perfettamente il sapone».
Non ho trovato altri documenti anteriori per sapere quando fu costruito l’acquedotto in questione e spero che da qualche archivio esca fuori qualche notizia al riguardo. Poiché un passo misurava metri 1,845 se ne deduce che le sorgen02ti che alimentavano Capracotta e i comuni del Circondario con un acquedotto di tronchi di abete (bucati e) sotterrati erano distanti da 738 a 922.5 metri.
Domenico Di Nucci