Quando me spose ve porte a Roma

La foto è stata scattata sulla gradinata della Chiesa. Da sinistra in prima fila: Pupetta (Antonia) Iacovone e Mario Di Tanna. In seconda fila: Domenico Di Nucci, sua madre Erminia Di Tanna, Porzia Di Tanna. All’epoca del suo matrimonio Mario Di Tanna, zio di mio padre e sarto di professione, già da tempo viveva a Roma e lavorava nella sartoria del più famoso sarto capracottese d’Italia, il celeberrimo e richiestissimo Ciro Giuliano.

Quando tornava a Capracotta Mario era solito passare del tempo con le sorelle Michelina, Erminia e Porzia descrivendo i tanti monumenti della Città eterna e raccontando loro come si svolgesse la vita nella capitale.  Una volta, poi, promise  con enfasi che “quando me spose, ve porte a Roma”. Alla fine il gran giorno arrivò e nel 1949 Mario si sposò con Antonia Iacovone, per tutti Pupetta: ovviamente ogni promessa è debito, soprattutto se contratta con le amate sorelle e allora il giorno dopo il matrimonio i novelli sposi partirono per un singolare viaggio di nozze, in direzione Roma, con al seguito Michelina e Erminia, che lasciarono i figli a Capracotta. La terza sorella, Porzia, non si unì alla carovana perché il marito, Giovanni Falcone, ogni tanto minacciava “Niente Roma!”… e, purtroppo per lei, andò proprio così.

Il viaggio di nozze durò una settimana, durante la quale soggiornarono tutti nel miniappartamento preso in affitto da Mario, che consisteva in una cucina–pranzo, un bagno e una camera da letto. Di giorno si visitava Roma e di notte si dormiva tutti insieme nell’unico, grande lettone della piccola casa… decisamente altri tempi! Una sera, poi, Mario portò le sorelle addirittura all’Ambra Iovinelli, il famoso teatro di varietà, che trovò un posto d’onore nei futuri racconti delle sorelle riguardo al loro soggiorno romano. In effetti di cose da dire ce n’erano davvero parecchie, soprattutto per due giovani signore capracottesi di quegli anni, come le battute irreverenti degli attori e le bellissime (e ben poco coperte) ballerine, che quella sera fecero girare la testa un po’ a tutti. Ma l’argomento di cui parlarono di più fu senza dubbio la circolare rossa. Pur non essendo mai state in una città, l’ultimo giorno di vacanza le due sorelle vollero uscire da sole e girovagarono senza meta, finendo per essere attratte da qualsiasi aspetto della frenetica vita romana, come la gente frettolosa, le vetrine luccicanti, il traffico caotico e poi le chiese, le piazze, i monumenti… niente e nessuno le lasciò indifferenti. Pur essendo affascinate da cotanta bellezza, quando ormai era quasi mezzogiorno decisero di tornare a casa: chiesero informazioni ad un passante  che indicò loro la fermata dell’autobus, raccomandando di prendere la circolare rossa, di scendere ad una data fermata e di proseguire per un tratto a piedi.

Le due sorelle raggiunsero così la fermata in attesa del loro pullman ma tutti i tram e i filobus che passavano e ripassavano erano di un anonimo colore verdastro… della famigerata circolare rossa non v’era traccia, ma nonostante tutto mia nonna Erminia e zia Michelina, caparbie, aspettarono per ore e ore fino a quando, chiedendo di nuovo, non fu spiegato loro che la circolare rossa, in realtà, era verdastra come tutti gli altri bus e che di rosso aveva soltanto il numero sopra la cabina di guida! Stanche e, forse, anche un po’ stizzite per aver aspettato invano una circolare rossa che in realtà era verde, le due sorelle riuscirono a rientrare solo nel tardo pomeriggio, ma, nonostante questo piccolo inconveniente, chiusero in bellezza le loro vacanze romane e per tutto il resto della loro vita conservarono uno splendido ricordo di quell’insolito viaggio di nozze.

Danilo Di Nucci