«Dio mi ha messa al mondo per realizzare certe cose. Mi trovo così indietro con il lavoro che non morirò mai». Proprio questo era uno dei modi di dire preferiti di Carmela DiCianno, la mia carissima nonna, che ha speso la sua intera esistenza nel prendersi cura dei membri della sua famiglia e di molte altre persone. In queste pagine cercherò di condividere alcune delle vicissitudini di questa donna appassionata ed eccezionalmente dedita agli altri.
La storia di Carmela ha inizio a Capracotta in Italia. E’ un paese che noi nipoti abbiamo imparato a conoscere, poiché lei ci raccontava le vicende del suo luogo natio, anche se era partita da lì quando aveva 10 anni appena. Carmela partecipava devotamente alle funzioni religiose con le suore e percorreva qualche chilometro per raggiungere la chiesetta. Frequentò la scuola del paese sino alla quarta classe. Fino agli ultimi anni di vita, Nonna è stata in grado di leggere e scrivere in italiano. Infatti scambiava lettere nella lingua madre con i suoi parenti di Capracotta e Roma.
Giangregorio Mendozzi, il padre di Carmela, era immigrato negli Usa nel 1913. Nel 1920 lavorava come operaio siderurgico a Youngstown nell’Ohio, quando mia nonna e sua madre, Maria Loreta Di Tanna Mendozzi, si imbarcarono sul “Cretic” per raggiungerlo in America. Carmela ha sempre conservato un ricordo vivido della traversata, dal momento che si imbatterono in una tempesta che fece quasi affondare la nave. Nonna raccontava sempre che non si è mai resa conto di come erano riusciti ad arrivare sani e salvi nel porto di Boston.
Carmela incontrò suo marito Amedeo DiCianno nel 1927 a Youngstown, quando aveva 17 anni. Lei stava passeggiando insieme ad un gruppo di ragazze e lui con dei ragazzi. Si racconta che la fissava con tanta intensità che andò a sbattere contro un palo. Lei era proprio una bellezza. Amedeo aveva lasciato l’Italia all’età di 16 anni, poiché aveva disertato dall’esercito di Mussolini. Non rivide mai più i suoi genitori a San Pietro Avellana. Arrivò a Montevideo in Uruguay, dove lavorò come cameriere. In seguito raggiunse il Messico e poi da lì entrò negli USA. Il loro fidanzamento durò otto mesi e finalmente i due si sposarono il 14 aprile del 1928. Nonna aveva 18 anni e Nonno – o “Papi”, come affettuosamente lo chiamavamo. Sono rimasti insieme per 57 anni. Nonna diceva che il momento più felice della sua vita era stato il suo primo incontro con Papi e il più triste la sua morte. Il loro matrimonio ha resistito proprio tanto. Mia nonna non ha avuto una vita facile. Per cominciare sua madre morì di parto a 38 anni. Allora Nonna aveva 19 anni e si era sposata da poco. Dopo la morte della madre, Carmela si fece carico del difficile compito di crescere le sorelle e i fratelli più piccoli e i suoi due figli, Riccardo e Romolo, mio padre.
Nel 1929, circa nello stesso periodo in cui Carmela si prendeva sulle spalle il peso di molte altre responsabilità, il paese fu colpito dalla Grande Depressione. E’ stata una catastrofe di cui Nonna non ha mai smesso di parlare. Amedeo era senza lavoro, la famiglia non aveva niente da mangiare e il governo non poteva aiutarli. Papi aveva un fratello, senza figli, nel Nuovo Messico; per fortuna riusciva a mandargli venti dollari al mese. Pagavano dieci dollari al mese per l’affitto di casa e utilizzavano i restanti dieci per tutte le altre spese. Furono costretti a vendere le loro cose per comprarsi da mangiare. Nonna raccontava sempre che erano sopravvissuti grazie alle verdure coltivate nell’orto, il riso, il latte e la pasta fatta in casa da lei. Non c’erano soldi per comprare la carne. Durante la Grande Depressione il Presidente era Herbert Hoover, un repubblicano. Credo proprio che questa sia stata la vera ragione per cui Nonna sia stata una fervente democratica. Spesso narrava l’episodio del commesso viaggiatore che bussò alla porta per cercare di vendergli un aspirapolvere Hoover. Papi disse a quel tipo di levarsi dalle scatole e stare alla larga dalla casa, poiché non voleva mai più riascoltare o rileggere la parola “Hoover”! Per tutto il resto della sua vita Carmela avrebbe parlato della Grande Depressione come se fosse stato un evento accaduto il giorno prima.
Nonna raccontava molti fatti sulla Mafia. E’ stato un periodo che avrebbe preferito dimenticare. Allora la Mafia e altre organizzazioni criminali come la Mano Nera erano tristemente note per i loro ordigni esplosivi. Un giorno, mentre il suo bimbo più grande dormiva nella culla, lei e Amedeo udirono un forte boato. Si precipitarono in camera da letto e trovarono il bambino ricoperto da schegge di vetro. Le finestre erano state distrutte da un’esplosione avvenuta lungo la strada. Papi non faceva parte della Mafia ma loro lo “proteggevano”. In un altro spaventoso attentato, una bomba della Mafia esplose accanto alla casa di Carmela ed Amedeo, con lo scopo di uccidere l’uomo che vi abitava. Nonna raccontava che la Mafia chiedeva a Papi di lavorare come portatore di bare ai funerali. Lui non voleva farlo e tanto meno gli piaceva ma obbediva, dal momento che gli davano in cambio del denaro per comprar da mangiare.
Papi e Nonna lasciarono l’Ohio nel 1934, quando Amedeo riuscì ad ottenere un posto di lavoro presso la Compagnia delle Ferrovie del Nord Nevada (Nevada Northern Railway) ad Ely nel Nevada. Traslocarono in un cosiddetto “modulo abitativo”, un alloggio che la società ferroviaria forniva ai dipendenti. Questa modesta casetta aveva la cucina, il soggiorno e la camera da letto. I figli dormivano sulla poltrona letto del soggiorno. L’acqua calda non c’era. Per fare un bagno caldo i nonni riscaldavano l’acqua con la stufa a legna. Il gabinetto si trovava in una baracca. Nel 1938 venne alla luce una bimba, Marie, e così la famiglia fu completata.
Nonna è stata la nostra roccia, la prima pietra su cui si è fondata la fede della nostra famiglia. Ha vissuto tutta la sua esistenza in compagnia di Gesù, la Vergine Maria e San Giuseppe – insieme agli altri santi che venerava – tutti al suo fianco. Non ha mai saltato una domenica in chiesa e quando stava talmente male da non potersi recare alle funzioni religiose, guardava la messa sul Canale TV Cattolico. Non si faceva scrupolo di rammentarci i nostri doveri verso Dio e la chiesa e voleva esser certa che i nostri figli ricevessero i giusti sacramenti. «Sei andata in chiesa oggi?». Questa era la domanda che spesso ci poneva la domenica sera. Ed era molto meglio per te se non mentivi! Tanto lei lo sapeva. Sempre. Anche se abitavi a 500 chilometri di distanza.
Carmela non ha mai avuto nessuna paura di esprimere liberamente il suo pensiero. Se lei aveva un’opinione, tu dovevi starla a sentire – non importa chi tu fossi e se volevi ascoltarla oppure no. Nonna non aveva alcun timore di fare domande personali ai nostri amici. Non temeva nemmeno di dire ai preti che anche a loro doveva essere concesso di sposarsi. Prima di partire per la guerra, un soldato di Ely diede in affitto la sua stazione di rifornimento ad un uomo. Quando Nonna e sua cognata, parente del soldato, vennero a sapere che l’affittuario non pagava, andarono a fargli visita. Nonna lo rimproverò con tanta asprezza che quel tizio promise che avrebbe pagato regolarmente l’affitto ma soltanto a condizione che lei non si facesse mai più vedere dalle parti del distributore di benzina. Che vergogna! Un soldato rischiava la propria vita, mentre il suo affittuario lo stava fregando. Stava sempre dalla parte degli ultimi: i vecchi, i poveri, i malati. Era la portavoce delle persone che non avevano voce. Mi ricordo delle numerosissime volte che telefonò al suo rappresentante al Congresso per lamentarsi del fatto che i farmaci delle prescrizioni erano così costosi che agli anziani non restava che pochissimo denaro per comprarsi da mangiare. Nonna disprezzava gli esponenti dei “poteri forti”, che spesso appellava con il termine “ladroni”.
Carmela era altruista e si è spesa molto sacrificandosi per il prossimo. E’ stata una “supermamma” ante litteram. Uno degli scopi principali della sua vita è stato quello di accertarsi che chiunque metteva piede a casa sua avesse qualcosa da mettere sotto i denti. Non importava se quella persona avesse già mangiato. Doveva mangiare ancora. E a quel punto un’altra porzione di cibo arrivava sul suo piatto. Le sue orecchie erano sorde anche se l’ospite implorava «no, grazie». Noi la pregavamo di mettersi a sedere a tavola accanto a noi e lei lo faceva ma soltanto quando eravamo a fine pasto.
Quando si andava via dalla casa di Nonna, di solito ci si sentiva ben sazi. Infatti ancora mi viene in mente quella volta in cui io e il mio precedente datore di lavoro ci stavamo recando dalle parti di Ely in viaggio di lavoro. Lo condussi a conoscere i miei diletti nonni. Nonna insistette perché il mio capo bevesse un bicchierino di anisetta e assaggiasse qualche biscottino italiano. Erano le otto di mattina e lui non era in vena di iniziare la giornata in quel modo. La sera prima aveva bevuto un po’ troppo alcol. Appena ripartiti incominciò a farsi pallido per poi mettersi tranquillo. Qualche minuto dopo lungo la strada disse: «Se un giorno mi capitasse di essere costretto a scegliere soltanto una persona con cui stare su una scialuppa di salvataggio, ebbene, quella persona sarebbe tua Nonna». Fui d’accordo con lui. Aveva saputo riconoscere la forza di Carmela al primo incontro.
Nonna era una persona estremamente generosa. Faceva delle offerte a tutte le associazioni di beneficenza che le chiedevano una donazione, anche se si trattava di un dollaro appena. Inoltre mandava biglietti d’auguri per tutte le occasioni, anche quelli con la scritta «in bocca al lupo per il tuo primo giorno di scuola». Tanti amici mi telefonavamo per dirmi che avevano ricevuto il primissimo biglietto d’auguri di Natale da mia nonna. Ha avuto un’ottima calligrafia fino al termine dei suoi giorni e ha scritto almeno una lettera alla settimana alla sua famiglia e agli amici e nella busta erano sempre compresi due dollari “per il gelato”. Rammento che ha inviato pure al suo medico dieci dollari con il biglietto d’auguri per la festa del papà! Non si andava mai via da casa sua a mani vuote. Persino mentre era ricoverata in ospedale verso la fine dei suoi giorni, infilò la mano nel borsellino, tirò fuori un pettine giallo e me lo diede. In quel momento quell’oggetto fu tutto ciò che riuscì a trovare per donarmelo. Quel pettine ancora lo conservo.
Noi nipoti abbiamo avuto il grandissimo piacere di essere lasciati a casa sua e affidati a lei, mentre i nostri genitori erano al lavoro. Ci siamo divertiti un mondo senza mai annoiarci. Nonna ci dava sempre le caramelle e i cioccolatini, anche se mia madre le chiedeva di non farlo perché non ci mancasse l’appetito a tavola.
Carmela ha vissuto un’esistenza semplicissima e ha rappresentato un vero tesoro per tutte le persone che l’hanno conosciuta. Il suo lavoro è stato quello di occuparsi di figli, nipoti, pronipoti e chiunque altro. Quando nonno si ammalò, si prese cura di lui per 27 anni, accertandosi che mangiasse, facendogli le medicazioni e soprattutto… tenendolo lontano dal tetto di casa! Molta gente mi ha avvicinato dopo la morte di nonna per farmi sapere che lei si era occupata anche di loro o dei loro genitori. Purtroppo non è stata altrettanto brava nel prendersi cura di se stessa. Un giorno che zia Marie stava facendo le pulizie di casa dopo la sua morte, spostò la cucina e scoprì tante pasticche che sua madre avrebbe dovuto prendere. Credo che Carmela le gettasse via dietro la cucina appena mia zia se ne andava.
Nel tempo libero mia nonna ha lavorato come bidella presso la Murry Street School, è stata custode della banca e ha fatto anche il bucato al Domingo’s Market. Questi posti erano facilmente raggiungibili a piedi da casa sua. Papi e Nonna non hanno mai posseduto una macchina e nemmeno imparato a guidare. Mi torna in mente che mi permetteva che io l’aiutassi a pulire all’interno della scuola. Mi dava uno straccio per spolverare i banchi ma poi tornava indietro per “rispolverarli” mentre io andavo nell’aula successiva.
Il suo amore per il prossimo comprendeva anche un fortissimo amor di patria. “America the Beautiful” è stata il primo canto che ha imparato appena giunta negli USA. Carmela ha continuato a intonarlo fino al giorno della sua morte. Un’altra melodia che ci cantava quando eravamo piccoli (e anche da grandi) era “Tu scendi dalle stelle”, “la canzone di Nonna”, come la chiamavamo noi.
Non dimenticherò mai la prima volta che ha stretto tra le braccia la sua prima pronipote, la mia figlioletta. Si mise a piangere e non la smetteva. Le chiesi perché piangesse. «Piango – mi rispose – perché la tua povera madre non potrà mai tenere questa bimba tra le sue braccia». Perché mamma era scomparsa mentre ero incinta: scoppiai a piangere con Nonna.
Ancora custodisco una piccola cornice con la foto di nonna posta sul ripiano della cucina. Mi sorride mentre cerco di realizzare le sue ricette. Ho parecchie varianti della stessa ricetta con dosi diverse. Per quanto ci abbia provato, i miei dolci non potranno mai avere il sapore di quelli di Nonna.
Con il suo straordinario esempio, Carmela Mendozzi DiCianno ci ha insegnato come prendersi cura gli uni degli altri nella famiglia e nel mondo. Verso di lei provo un sentimento d’immensa gratitudine per le innumerevoli e preziose lezioni di vita che ci ha trasmesso durante tutta la sua straordinaria esistenza. Nonna, mi manchi tanto…
Carmela DiCianno Gundersen
(Traduzione: Felice Santilli)