Foto originale in bianco e nero. Rielaborazione grafica: Amici di Capracotta
La foto è stata scattata durante la realizzazione dell’impianto eolico che doveva fornire energia alla segheria della famiglia di Donato Antonio Sammarone, mio bisnonno. L’impianto, tecnologicamente molto avanzato, è tra i più antichi e longevi dell’Italia centro meridionale, tanto da essere pubblicato su riviste specializzate (ENEA).
Il motore a vento, nome con cui i miei antenati chiamavano l’impianto eolico, era costituito da un castello interamente realizzato con tralicci di legno ancorati al terreno, da una ruota, formata da otto raggi che sorreggono altrettante pale realizzate in lamiera zincata, da un rotore in acciaio e da un braccio, anch’esso in lamiera, preposto ad individuare la direzione del vento. Il castello era collegato, tramite due passerelle, ad un fabbricato ubicato nell’attuale Via Maiella, dove erano installate la sega alternativa ed una moderna sega circolare della ditta Kirchner di Lipsia. La potenza generata dal vento, sempre così abbondante a Capracotta, veniva trasferita dal rotore alle due seghe con un sistema complesso di rinvii, formato da alberi ed ingranaggi di acciaio, ruote in legno e cinghie di cuoio. Intorno alla struttura sopra descritta, si nota l’inizio della costruzione di un edificio che diventerà la futura segheria, attualmente ancora esistente.
Nella foto sono presenti cinque persone riconducibili a Donato Antonio Sammarone e relativa consorte, Antonietta Monaco (in basso nella foto) ed ai tre figli Savino, Antonio, mio nonno, e Sebastiano. Il castello in legno della foto per due volte fu abbattuto dalla furia del vento, tanto che l’impianto rimase inutilizzato dal 1916 al 1937, anno in cui, per la terza volta, fu ricostruito, interamente in acciaio, da Savino Sammarone e da mio padre, suo nipote, Vincenzo Sammarone, unico, a suo dire, in grado di farlo funzionare, in quanto a conoscenza del funzionamento dei motori a vento. La nuova segheria, realizzata nell’edificio posto al di sotto del castello in acciaio, oltre alle due seghe già esistenti, fu completata anche da un tornio, un trapano e da una mola. Dopo il fermo di quattro anni (1940-1943) dovuto al richiamo di papà per gli eventi bellici della Seconda Guerra Mondiale, ha funzionato fino al 1955/1956, anno in cui la sega circolare fu trasferita nell’attuale sede ed allacciata all’energia elettrica. La nascita di questa segheria costituisce un primo tentativo di produzione industriale di tavole diritte e ricurve, queste ultime dette corve, indispensabili per realizzare i basti degli animali da soma da parte dei bastieri o bastai, numerosissimi in quel periodo a Capracotta per la fiorente industria boschiva.
Giuseppe Sammarone
Fonte: G. Sammarone, La sega a vento (1903) in AA.VV., Capracotta 1888-1937: cinquant’anni di storia cittadina nelle foto del Cav. Giovanni Paglione, Amici di Capracotta, Tipografia Cicchetti, Isernia, 2014