La produzione del carbone è un’attività che ha impiegato generazioni di boscaioli sulle nostre montagne fino alla metà del secolo appena concluso. Il contesto territoriale in cui siamo vissuti non consentiva grandi scelte lavorative e pertanto la maggior parte della forza lavoro era destinata all’agricoltura, all’allevamento ed all’industria boschiva, attività, quest’ultima, in cui si è sempre cimentata la mia famiglia “La Scialpa” per quanto io ricordi e riesca a ritornare a ritroso nel tempo. Il mestiere del carbonaio non era facile e come tutti i mestieri provenienti dal passato necessitava di una notevole esperienza maturata negli anni; di seguito cercherò di raccontare a modo mio le varie fasi del come si faceva il carbone e varie notizie relative all’industria boschiva .
Inizialmente si preparava la legna necessaria al quantitativo di carbone che si desiderava ottenere ed in base a questo il “capo cocitore” analizzava dove si poteva realizzare la ”piazzola” per allocare “r’cuatuozz”, compito importantissimo in quanto si doveva preparare un piano perfetto, senza pendenze, che poteva causare possibili conseguenze negative alla successiva cottura. Il quantitativo di legna stabilito si portava nella piazzola e il trasporto avveniva tutto “a spalla” dividendo la piccola “le ciamaglie” da quella di più grandi dimensioni; per la piccola si usava un attrezzo chiamato “furcale”, preparato preventivamente dal cocitore per ciascun addetto. La legna piccola veniva messa tutta intorno alla piazzola formando un circolo detto “turno” invece quella di più grosse dimensioni veniva inserita all’interno del “turno”, a questo punto tutto era pronto per iniziare la composizione del “cuatuozz”; la legna grande veniva posta a pezzi incrociati ad una altezza di circa un metro, formando la “ferlizza” e in quel momento si iniziava ad intravvedere come sarebbe stato il lavoro finale; a questo punto veniva formato un buco centrale che da terra andava fino alla sommità del “cuatuozz”, si poneva la legna compatta a circolo con i pezzi l’uno vicino all’altro, ben messi, chiudendo gli spazi ancora aperti con la legna più piccola.
Finito l’impalcato del “cuatuozz” si “atterrava” cioè si procedeva ai preparativi per la copertura con la terra: per prima cosa si realizzava una fascia circolare di ceppi al piede del “cuatuozz” di circa 40 cm., poi nella parte superiore, a protezione, si poneva del fogliame di piante o paglia al fine di impedire l’inserimento della terra all’interno della legna. Anche questa fase era molto delicata in quanto anche il tipo di terra usata, posta con grande attenzione, doveva essere di natura pozzolanica al fine di favorire una cottura ottimale, cosa non possibile con il tipo di terra argillosa, la migliore sicuramente era la terra usata già per un precedente “cuatuozz”. Prima di procedere alla fase più importante che era quella di “mett’ fuoc”, si procedeva alla realizzazione di un circolo di ceppi provenienti dai rifiuti della legna per una altezza di circa 2,50 mt., ad una distanza di circa 1,50 mt., a protezione del “cuatuozz” dal vento, detto “paraventa”.
A questo punto ci si preparava a “mett’ fuoc”, la prima fase era quella relativa alla preparazione di un po’ di piccola legna per alimentare il primo fuoco, detta “r’taccari”, pezzi piccoli e corti e dopo due giorni che il fuoco aveva “ acchiappat”, cioè aveva preso, incominciava la lavorazione e bisognava tenere conto del fatto che esso iniziava ad ardere da sopra e una volta che aveva preso il suo ritmo si doveva alimentare due volte al giorno attraverso il buco iniziale creato alla formazione del “cuatuozz”. Il buco inizialmente di piccole dimensioni, col passare dei giorni diventava sempre più largo e pertanto si poteva alimentare con legna più consistente, ricordando a grandi linee uno stomaco umano che dopo il consumo del cibo richiede altro mangiare, fino al riempimento del buco stesso con il carbone.
La figura più importante era sicuramente quella del “cocitore” egli doveva essere pratico e avere esperienza, dalla sua capacità di comandare il fuoco si otteneva il miglior risultato oppure la bruciatura del “cuatuozz”, il palo con cui dirigeva i lavori si chiamava “friccicone”; egli poteva “chiamare” il fuoco a suo piacimento facendo dei buchi che consentivano di aspirare l’aria e modificare il verso dei focolai che inaspettatamente si formavano, questi buchi li faceva con un paletto di un metro circa detto “buscinatur”; è importante ricordare che tutti gli addetti ai lavori dovevano essere ben informati sulle fasi e sulla sicurezza dell’ambiente lavorativo in quanto la creazione di eventuali vuoti non davano scampo, causando incidenti di natura quasi sempre mortale.
Tornando al “cuatuozz”, quando il “cocitore” si accorgeva che il fuoco aveva finito di ardere dava inizio alle operazioni di pulitura della terra cotta che si presentava in maniera compatta e bisognava pertanto romperla con un attrezzo chiamato “raspiegl”, la terra di dimensioni più grandi veniva tolta, quella sfarinata più fina si rispalmava a contatto diretto con il carbone al fine di spegnere eventuali fuochi ancora accesi: successivamente si cominciava a “sfornare” il carbone, si usava poca acqua e come già detto si usava maggiormente la terra che risultava molto più efficace, una volta finito di sfornare si faceva un mucchio chiamato “reglia”, assicuratosi della totale assenza di fuoco si riempivano i sacchi da portare a destinazione. L’industria del carbone, allora molto fiorente, dava lavoro a tanta gente, mi piace ricordare, oltre agli addetti di cui ho già parlato, gli “insacchini” che lo insaccavano, i “mulattieri” che si incaricavano del trasporto dai boschi ai punti di raccolta o rivendita e tanti rivenditori all’ingrosso ed al minuto che hanno poi fatto, chi più e chi meno, fortuna in tanti paesi delle regioni limitrofe.
Elenco dei nominativi con i rispettivi soprannomi, dei carbonai di Capracotta da me conosciuti o con cui ho intrattenuto rapporti di lavoro ed amicizia(nell’elenco sono presenti anche individui che non erano esclusivamente carbonai, ma anche allevatori e pastori che in alcuni periodi dell’anno, non avendo impegni con il loro lavoro, integravano il proprio reddito, è d’obbligo iniziare con la mia famiglia:
Di Lorenzo Pietro detto “La Scialpa” con i figli Sebastiano, Loreto, Michele, Antonio e Giustino ed i nipoti Pietro, Vincenzo, Mario, Enrico, Antonio Michele e Pierino.
Di Rienzo Giovanni detto “Passarella” con i figli Pietro, Francesco, Michele ed il nipote Giovanni .
Di Rienzo Antonio detto “ Passarella” con il figlio Pasquale ed il nipote Antonio.
Di Rienzo Berardino detto “Passarella” con i figli Gaetano, Umberto ed il nipote Berardino.
Carnevale Vincenzo detto “ Paschitt” con i figli Paolo, Giuseppe, Giovanni e Nicola.
Carnevale Sebastiano detto “ Sf’rrucc” con i figli Raffaele, Filippo, Ercole e Gennaro.
Di Rienzo Antonino detto “Mariamata” con i figli Michele e Vincenzo.
Di Rienzo Giangregorio detto “ Mariamata” .
Monaco Giovanni detto “ Cuzzlicchio” con i figli Giuseppe e Giovannantonio.
Carnevale Michele detto “Caino” con i figli Francesco, Vincenzo, Giacomo e Giovanni.
Matteo Francesco detto “Puppa” con il figlio Giovanni.
Matteo Antonino detto “ Puppa” con il figlio Pasquale.
Carnevale Michele detto “Pr’cuorio” con i figli Domenico, Eduardo e Ubaldo.
Vizzoca Domenico detto “ Nunnarosa” con il figlio Sebastiano.
Di Lullo Agostino detto “ Paciglio” con i figli Giovanni , Giuseppe, Sebastiano e Pasquale.
Battista Giangregorio detto “ Marabella” con i figli Gesuele, Luciano, Ottavio e Raffaele.
Sanità Gaetano detto “ Banguracchio” con i figli Mario e Giovanni.
Di Lullo Gianfilippo detto “ Furchitt”
Di Lullo Sebastiano detto “ Furchitt” con il figlio Antonio.
Di Lullo Albino detto “ M’scone” con i figli Pasquale, Giovanni, Michele, Giose, Salvatore, Adamo e Raffaele.
Di Nucci Domenico detto “ Trippacuntient” con i figli Antonio e Agostino.
Carnevale Domenico detto “ Paschitt” con i figli Antonino e Costantino.
Carnevale Berardino detto “ Tirasciotta” con i fratelli Sebastiano e Gennaro.
Carnevale Croce detto “ Colamierl” con i figli Giuseppe, Antonio, Giacomo ed Amedeo.
Sozio Agostino detto “ Ustiniegl” con i fratelli Sebastiano e Pasquale.
Di Luozzo Giovanni detto “Scatozza” con il figlio Paolo.
Santilli Edmondo detto “ Mondino”.
Di Nucci Giuseppe detto “Sarturella” con i figli Vincenzo ed Amerigo.
Monaco Antonio detto “ Cantalabbra” con i fratelli Giovanni e Amodio
Monaco Achille detto “La Bionda” con i fratelli Michele e Angelo.
Di Luozzo Amedeo detto “ Scatozza” con i figli Mario, Armando, Vincenzo e Sebastiano.
Sozio Giovanni detto “ Scialuacq”
Paglione Adelchi
Monaco Michele detto “ Micalone”.
Sozio Antonino detto “ Ciccmuort” con i figli Vittorio e Sebastiano.
Di Tanna Incoronato detto “ Rtiann” con i figli Nicola ed Eduardo.
Di Ianni Domenico detto “ Cioccio” con i figli Vincenzo e Pasquale.
Di Tanna Vincenzo detto “ Rmulnar”.
Sozio Salvatore detto “Ciccmuort” con i figli Carmine e Pasquale.
Fiadino Domenico detto “Quelli di Fiore” con il fratello Pasquale.
Fiadino Alberto detto “Colaizz” con i fratelli Rodolfo e Gasperino.
Fiadino Giampietro detto “ Cuafon” con i figli Sebastiano Pasquale e Santino.
Carnevale Gaetano detto “ Paschitt” con i figli Pasquale e Nicola.
Sozio Giovanni detto “Ciccmuort” con i fratelli Michele, Amerigo e Guerino.
Di Rienzo Paolo detto “ Ciannaflora” con i fratelli Ercole, Armando, Luigi e Remo.
Di Rienzo Pasquale detto “ Ciannaflora” con il fratello Amelio ed il figlio Vincenzo.
Di Rienzo Giuseppe detto “ Ciannaflora” con i fratelli Michele e Sebastiano.
Vizzoca Antonio detto “ Colacantann” con i fratelli Giangregorio e Giovanni.
Di Tella Giuseppe detto “Culiangel” con il figlio Sebastiano.
Di Rienzo Giovanni detto “ Chir d’Martin” con i figli Martino e Domenico.
Matteo Enrico detto “ Mondiale” con i figli Michele e Lucio.
Matteo Nicola detto “Mondiale” con il cugino Matteo Vincenzo detto “ Fiaschitt”.
Di Rienzo Filippo detto “ Chir d’ Martin” con il figlio Nicola ed il fratello Pasquale.
Vizzoca Florindo detto “ Zaccaria”.
Di Nucci Nicola detto “ Curdisc”.
Di Nucci Giuseppe detto “ Curdisc” con il figlio Ennio.
Di Nucci Carmine detto “Carm’non” con i fratelli Giovanni e Italo
Sozio Fiore detto “ Ciccmuort” con il figlio Sebastiano.
Campana Ferdinando detto “ Sciapè” con i figli Sebastiano e Pasquale.
Di Santo Domenico detto “ Rascaporta” con il figlio Antonio.
Paglione Carmine detto “ Tarantella” con i figli Alfonso e Guido.
Carnevale gaetano detto “ Busciuard” con i figli Raimondo e Carmine.
Carugno Nicola detto “ Faugn” con i figli Carmine ed Osvaldo.
Sozio Domenico detto “ Ciccmuort” con il figlio Giangregorio.
Di Ianni Gianfilippo detto “ Iuscicone” con il fratello Guerino.
Carnevale Cesare detto “ Cucarone” con i figli Giovanni, Michele e Giuseppe.
Liberatore Luigi detto “ Zappone” con i figli Berardino, Pietro e Antonio.
Paglione Guerino detto “ Barracca” con il fratello Geremia ed il nipote Donato.
Santilli Carmine detto “ Dolce” con il fratello Berardino ed il nipote Pasquale.
Paglione Silvio detto “ Tarantella”.
Di Tanna Antonino detto “ Cappellone”.
Di Nucci Sebastiano detto “Mingalone” con i figli Michele e Rinaldo.
Buccigrossi Nicola detto “Cuozzo”.
Buccigrossi Alfonso detto “ Stagnino” con i figli Giovanni e Francesco.
Di Rienzo Italo detto “ Brasciola”.
Di Tanna Vincenzo detto “ Muccio” con il fratello Giovanni.
Di Tanna Pasquale detto “ R’cocco” con i figli Vincenzo e Antonio.
Di Nucci Giovanni detto “ Scialpi” con i fratelli Amelio, Pietro e Pasquale.
Di Luozzo Vincenzo detto “ N’nozza” con il fratello Incoronato.
Di Rienzo Sebastiano detto “ Coccialung” con il figlio Giuseppe.
Di Tella Giovanni detto “ Rascia” con il fratello Luigi ed i nipoti Domenico e Sebastiano.
Potena Ferdinando detto “ Tr’sinella” con il figlio Giovanni.
Paglione Ruggiero detto “ Briilucce” con i fratelli Claudino e Olindo e i nipoti Gabriele e Giuseppe.
Di Rienzo Pietro detto “ Papparone”.
Sozio Vincenzo detto “ Cicella” con il figlio Pasquale.
Sozio Carmine detto “ Bonasera”.
Di Nucci Giangregorio detto “ Ninnella” con il figlio Giacomo.
Sammarone Vincenzo detto “ La Guardia” con i figli Paolo e Nicola.
Sammarone Giuseppe detto “ La Guardia”
Sammarone Antonio detto “ Culetta”
Comegna Tonino detto “ Spaccarocchia”.
D’Onofrio Carmine e Tommaso
Paglione Adelchi.
Trotta Silvio.
Paglione Giulio detto “ Chir di Conte” con i figli Sebastiano e Giuseppe.
Carnevale Pasquale detto “ Ciotta” con il fratello Antonio.
D’Onofrio Michelangelo detto “ Cacalollo”.
Carnevale Italo detto “ Colamierl” con i fratelli Guido e Pasquale .
Paglione Giacomo detto “ Mustaccio” con il fratello Oreste.
Di Tella Nicola detto “Culiangel”.
Monaco Gaetano detto “ La Caccia” con il figlio Tonino.
Giuliano Leopoldo con i figli Beniamino e Pasquale.
Di Tanna Sebastiano detto “ Cianella”.
Catalano Giovanni detto “ R’catalian” con il figlio Gino.
Donato Di Tella detto “ Patriciegl”
Paglione Pasquale detto “Rannaquat” con i fratelli Mario e Vincenzo.
Sammarone Agostino detto “ La cicata” con il fratello Giovanni.
Liberatore Berardino detto “ M’erzia”
Liberatore Costantino detto “ M’erzia”
Policella Francesco detto “ Cicc d’Andrea”
Paglione Gennaro detto “ Maur Paglione” e il figlio Michele.
Paglione Guido detto “ Maur Paglione”
Di Bucci Emidio ed il fratello Giuseppe.
Angelaccio Guglielmo detto “ Impagliasiegg”
Angelaccio Gelsomino.
Catalano Giuseppe detto “ Pippone”
Sozio Luciano detto “ Tutt giacchett”
Sozio Arcangelo detto “ Tutt guant”
Sozio Angelo detto “ Magnapatane”
Di Bucci Nicola detto “ Patrone”
Carugno Loreto detto “ Faugn”
Potena Luigi detto “ Luiggione”
Vizzoca Eugenio detto “ Papuscio”
Dell’Armi Alfonso ed il fratello Antonio
Giuliano Ercole detto “ Zi Fuffa”
Paglione Antonio detto “ Nigghione” con il fratello Giuseppe
Di Rienzo Giovanni detto “ Sarrecchia” con il nipote Pasquale.
Di Ianni Enrico detto “ La Vecchia” con il fratello Fulvio
Colangelo Nicola detto “ Masc’llon”
Liberatore Sebastiano detto “La C’ndrella”
Sozio Amerigo detto “Cicc’muort”
Sozio Pasqualino detto “Cicc’muort”
Fiadino Vincenzo detto “P’tracca” e i figli Carmine, Sebastiano e Mario.
Il lavoro dei carbonai era procurato dalla industria boschiva che si divideva in “ Piccola Industria “ e “Grande Industria”, di seguito elenco le più conosciute:
GRANDE INDUSTRIA BOSCHIVA:
Del Castello Donato
Fratelli Carnevale
D’Onofrio Sebastiano
Potena Alfredo
Fratelli Sozio
Iacovone Antonio
Paglione Giovanni
Carfagna Giacomo
Paglione Luciano
Fratelli Venditti
Mendozzi Antonio
PICCOLA INDUSTRIA BOSCHIVA:
Fratelli De Renziis
Matteo Gianfilippo
Di Rienzo Matteo
Fratelli Comegna
Santilli Salvatore
Potena Raffaele
Colacelli Gaetano
Carnevale Gaetano
Di Tella Costantino
Carugno Michele
Carugno Vincenzo
Santilli Ruggiero
Fratelli Di Ianni
L’Abbate Antonio
Ferrelli Ettore
Di Rienzo Domenico
Di Rienzo Michele
Di Tella
Pasquale Ianiro.
Elenco degli insacchini, distinti in semplici e capomacchia(C.M.) cioè colui che riportava la piccola contabilità al datore di lavoro:
Marcone Potena detto “ z’cone”
Vincenzo Sammarone detto “La Cicata”
Carnevale Davide detto “Colamiergl” C.M.
Monaco Nicola detto “Colamiergl”
Carnevale Paolo detto “Tattariegl”C.M.
Carnevale Donato detto “Tattariegl”C.M.
Sammarone Giovanni detto “Franc’scon”
Di Rienzo Pietro detto “Totta”C.M.
Di Rienzo Nicola detto “Totta”C.M.
Di Rienzo Nunzio detto “Totta”C.M.
Di Rienzo Loreto detto “Totta”C.M.
Di Rienzo Antonio detto “Totta”C.M.
Di Rienzo Domenico detto “Totta”C.M.
Carnevale Remigio detto “Cucaron”
Carnevale Mario detto “Cucaron”
Di Bucci Michelangelo detto “P’tron”
Di Bucci Giovanni detto “Cialicch”
Di Rienzo Nicola detto “ Sarrecchia”
Paglione Igino detto “R’pagliun”C.M.
Giugliano Cleto detto “ Clet”
Di Lullo Giovanni detto “M’scon”
Di Luozzo Aurelio detto “M’desta”
Del Castello Silvio detto “Pellico”
Ianiro Giuseppe detto “ Capacchion”
Ianiro Paolo detto “ Capacchion”
Paglione Rinaldo detto “Pagliun”C.M.
Paglione Giacomo detto “Nigghione”
Paglione Vincenzo detto “Cinz’tton”C.M.
Paglione Michele detto “Mingalon”C.M.
De Renziis Nicolino detto “Silviestr”
Carnevale Cesare detto “Cesarone”.
Elenco dei mulattieri:
Di Rienzo Giovanni detto “Totta”
Di Rienzo Giulio detto “Totta”
Di Rienzo Felice detto “Totta”
Di Rienzo Giuseppe detto “Totta”
Paglione Vincenzo detto “Cinz’tton”
Sammarone Nestore detto “Bacchetta”
Carnevale Nicola detto “ Chiuvitt”
Carnevale Sebastiano detto “ Chiuvitt”
Paglione Michele detto “Pagliun”
Sozio Giangregorio detto “Cicc’muort”
Monaco Giuseppe detto “ Giallorenz”
Di Tanna Vincenzo detto “ R’cocch”
Di Rienzo Giuseppe detto “Sarrecchia”
Di Luozzo Angelo detto “ M’desta”
Santilli Pasquale detto “ Dolce”
Paglione Emanuele detto “Pagliun”
Paglione Ercolino detto “Pagliun”
Carnevale Ubaldo detto “ Pr’cuorie”
Di lullo Raffaele detto “ M’scon”
Paglione Emilio detto “Pagliun”
Battista Raffaele detto “ La Ammara”
Di Ianni Alfonso detto “Broccio”
Paglione Luigi detto “ Pagliun”
Paglione Erminio detto “Tatucc”
Carnevale Luigi detto “Cucaron”
Di Loreto Giovanni detto “Ciavitt”
Comegna Albino
Comegna Nicola
Comegna Quintigliano
Potena Nicola detto “Virgigl”
Sozio luciano detto “ Ciacicch”
Paglione Vincenzo detto “Pagliun”
Paglione Carmelo detto “Pagliun”
Infine è d’obbligo ricordare anche le figure di coloro che sovraintendevano alle contabilità delle ditte boschive Capracottesi, i più conosciuti erano Vincenzo Ianiro e Vincenzino Conti professionisti dell’epoca, molto stimati dalle categorie lavorative poiché oltre ad essere dotati di grande personalità, onestà e capacità, spesso intervenivano in aiuto dei lavoratori in difficoltà finanziarie, anticipando somme anche senza garanzie reali, esclusivamente sulla fiducia della restituzione.
Spero di essermi ricordato di tutti gli addetti ai lavori, se ne ho tralasciato qualcuno, chiedo scusa per la dimenticanza.
La carbonella
Parallelamente al carbone, i carbonai producevano anche la carbonella, essa era un materiale proveniente dal rifiuto della legna, precisamente quella piccola detta “frasca”, si facevano dei mucchietti detti “pulvina” che si prendevano con un altro attrezzo detto “furcale d’la frasca”.
Si iniziava con l’accensione di un piccolo fuoco che con il passare del tempo si alimentava continuamente con le “pulvine” cercando di non farlo mai sfiammare formando la carbonella; la fase più importante era quella dello spegnimento: inizialmente, prima di accendere il fuoco si preparava l’acqua per lo spegnimento in secchi, una mazza di ceppi verdi chiamata “stupp’r”in modo da sgocciolare l’acqua dopo averla smorzata intorno a quella che si chiamava la “camicia”.
La carbonella non si spegneva solo con l’acqua ma voleva essere rigirata parecchie volte fino allo spegnimento; per girarla si usavano “ r’raspiegl e la pala” e appena appurato che non vi era più fuoco si allargava la carbonella stessa fino al raffreddamento per poi insaccarla nei sacchi.
La carbonella veniva usata quasi totalmente per i bracieri poichè in essa non era presente il carbonio che poteva dare origini ad inaspettate svampate; il lavoro relativo alla carbonella veniva eseguito quasi sempre di mattina presto, l’orario si determinava in base alla quantità prodotta e il lavoro doveva essere totalmente finito all’alba al fine di essere pronti all’inizio della giornata per iniziare gli altri lavori boschivi ritenuti più importanti.
La vita del carbonaio si svolgeva esclusivamente nel bosco, per abitazione aveva una baracca detta “r’pagliar”costruita sul posto alla buona, dormiva sempre vestito su un letto formato da paletti di legno, per materasso un sacco pieno di paglia, che, quando si bagnava, non potendosi rapidamente asciugare, causava ai carbonai gravi problemi fisici relativi all’umidità stagnante. Il riposo durava pochissimo, all’alba, al primo chiarore tutti in piedi al lavoro; durante la notte, a turno, bisognava alzarsi per “a’rcrcà r’cuatuozz” se bruciava bene, ma spesso sorgevano problematiche. La pulizia personale lasciava un po’ a desiderare, quando si sfornava il carbone c’era molta polvere proveniente dalla terracotta e nonostante ci si spolverasse e lavasse rimaneva addosso un misto di sporco e sudore.
Il carbonaio riusciva a godere di feste comandate sia nel periodo estivo che in quello invernale: la prima festa della stagione invernale era l’Immacolata Concezione poi arrivava il Natale e dopo, la Candelora, San Giuseppe e Pasqua e solo in quei giorni si aveva la possibilità di fare un po’ di pulizia del corpo più approfondita e comunque quei periodi erano anche utilizzati per rinnovare gli attrezzi che si usavano e rompevano durante l’inverno; poi venivano le festività estive, periodi in cui si lavorava maggiormente in montagna e pertanto abbastanza vicino al paese; le ricorrenze più importanti erano: Sant’Antonio, San Giovanni, San Sebastiano, la Madonna del Carmine e la Madonna di Loreto, bisogna però ricordare che in occasione di quest’ultima festa bisognava spesso dividersi in turni in quanto molte carbonaie erano già accese e pertanto bisognava sempre “ricercarle”. Questo era il periodo migliore in quanto, essendo più vicini a casa, si era più puliti e presentabili.
Come in tutti i mestieri, anche tra i carbonai esisteva una sana rivalità, infatti chi riusciva a produrre in termini quantitativi e qualitativi, più degli altri, otteneva grandi riconoscimenti dall’industria boschiva; per esempio, la squadra che per prima consegnava il carbone sfornato, otteneva come premio un barile di vino da 30 litri.
Vincenzo Di Lorenzo (Cinz’tton La Scialpa)