Una folla commossa assiste al posizionamento della campana maggiore della Chiesa Madre fusa dai fonditori Marinelli di Agnone. L’attesissima nascita del sacro bronzo era stata salutata dall’intera popolazione che, con profonda devozione, aveva anche contribuito alla raccolta del metallo. In quel tempo era comune ed onorevole che i fedeli includessero nel bronzo consacrato anche oggetti personali, spesso preziosi. La campana diveniva così un oggetto collettivo e insieme privato, sicuramente molto caro e carico di simbolismo. Sempre in quel tempo era in uso fondere grandi campane o interi concerti nei pressi dei campanili poiché era possibile reperire in loco molti materiali ed era più semplice trasferire maestranze piuttosto che carichi molto pesanti e molto delicati. Pasquale Marinelli (1864-1929), allora titolare dell’antica fonderia, usava spesso approntare officine provvisorie quando il volume di lavoro lo giustificava. Quest’abitudine ha persistito fino alla prima metà del ‘900, quando migliorarono i mezzi di trasporto della rete stradale. L’impegno fuori sede, per l’imponente concerto della Basilica Mariana di Pompei, durò ben 3 anni ma il prestigio dell’operazione valse alla fonderia Marinelli l’onorifico titolo di “Pontificia”, concesso da papa Pio XI nel 1924. Il campanone di Capracotta è davvero imponente con i suoi 10 quintali di peso ed il diametro di 120 cm. A oltre 100 anni dalla nascita conserva visibilissimi gli eleganti rilievi dedicati alla Madonna e il suono prolungato e possente che distingue le campane fuse nella millenaria officina di Agnone.
Circa 25 anni fa ai Marinelli venne chiesto di automatizzare le campane dell’Assunta, così come accade ovunque, dato che sta andando sempre più estinguendosi la figura nostalgica del campanaro. Invecchiando, zia Carmela Venditti (nome d’arte la Centrélla) che da anni era incaricata del funzionamento delle campane, non era più in grado di scalare per diverse volte al giorno, nelle ore canoniche, la maestosa torre.
Tuttavia la più grande campana di Capracotta non aveva mai smesso di suonare grazie all’artificio della devota zia Carmela che ne aveva legato il battaglio con una spessa corda che raggiungeva la finestra della sua casa, posta esattamente di fronte al campanile.
Zia Carmela ormai non c’è più ma la sua amata campana continua a suonare. Anche per lei.
Paola Patriarca Marinelli
Dal volume: AA.VV., Capracotta 1888-1937: cinquant’anni di storia cittadina nelle foto del Cav. Giovanni Paglione, Amici di Capracotta, Tipografia Cicchetti, Isernia, 2014