Pubblichiamo, una alla volta, gli interventi di tutti i relatori del convegno sulla Prima Grande Mondiale dal titolo “Capracotta a 100 anni dalla Grande Guerra”, svoltosi sabato 8 agosto 2015 presso la Sala Polifunzionale dell’Edificio Scolastico di Capracotta. Questo appuntamento è stato soltanto uno degli eventi di un ampio programma organizzato dall’amministrazione comunale di Capracotta, in collaborazione con la “Fondazione Molise Cultura” e le associazioni “Amici di Capracotta” e “Terra Vecchia”, per celebrare il centenario dello scoppio del primo conflitto mondiale.
In “Addio alle Armi”, celebre romanzo di Ernest Hemingway, uno dei più noti scrittori americani del novecento, ispirandosi direttamente alla sua esperienza, in parte autobiografica, narra la vita al fronte durante le confuse e dolorose vicende del nostro esercito nel corso della disastrosa ritirata di Caporetto – ottobre 1917. Un libro antimilitaristico di cui il regime fascista ne vietò in assoluto la pubblicazione, avvenuta poi soltanto nel 1948, perché ritenuto lesivo dell’immagine e dell’onore delle nostre forze armate.
L’autore ritrae la tragedia della guerra ma soprattutto le tribolazioni di chi è costretto a combatterla senza comprenderne i motivi. Tra i personaggi che circondano il protagonista del romanzo viene tratteggiato con simpatia la figura di un “giovane piccolo e timido” (arrossiva facilmente sic!) cappellano, originario di Capracotta, negli “Abruzzi”.
Per anni è stato tramandato il nome di “Placido Carnevale” quale interprete del personaggio del Cappellano del romanzo. L’erronea convinzione scaturiva probabilmente dalla circostanza che il frate frequentasse durante i suoi brevi ritorni a Capracotta la famiglia Carnevale (Tattariegl) per l’esistenza di stretti vincoli di parentela. La madre Bambina apparteneva alla famiglia Carnevale.
La prova della fondatezza di tale ipotesi trova conferma nella testimonianza di una nipote di Padre Placido, Bambinella Carnevale (Tattariegl), che, nonostante la non più giovane età, ma lucidissima nei ricordi e nelle argomentazioni, ha ribadito che il frate cappuccino, era al secolo Rodolfo D’Onofrio, cugino del proprio nonno paterno. Il frate si recava di ogni anno a Capracotta , di solito durante la Settimana santa , per la predica nelle ricorrenze pasquali.
La signora Bambinella nel richiamare alla mente gli anni della propria infanzia, ha rievocato un particolare che confermerebbe la permanenza di Padre Placido nel convento di Cagliari, in quanto la madre Bambina “fece tessere” da alcune donne di Capracotta parecchie “canne” di stoffa per confezionare le lenzuola destinate ai frati del convento stesso.
Nell’intento di riuscire a dare comunque con certezza un volto ed un nome al religioso e valore alle affermazioni della signora Bambinella, sono stati esaminati i registri dell’anagrafe parrocchiale del paese ma non abbiamo trovato nessun Carnevale, sacerdote o frate, nell’arco di tempo compatibile con gli eventi bellici. Abbiamo poi esteso la ricerca agli archivi della diocesi di Trivento, competente per territorio, senza apprezzabili risultati.
L’esito negativo delle ricerche ha convinto chi scrive che una più approfondita ed impegnativa indagine andava rivolta alle congregazioni degli appartenenti al clero regolare.
Dall’esame dei fogli matricolari dei nostri conterranei, arruolati nella prima grande guerra mondiale, è risultato che “Un Ministro di culto“ (testuale dal foglio matricolare) corrispondente al nome, al secolo, di D’Onofrio Rodolfo di Costantino e di Carnevale Bambina nato a Capracotta il 30 marzo 1882 (all. 1), richiamato alle armi il 19 maggio 1915, arruolato nella 9° Compagnia di Sanità, era in territorio dichiarato in stato di guerra. Abbiamo purtroppo constatato che nei fogli matricolari relativi ai combattenti della grande guerra non risulta quasi mai riportata la località del fronte nella quale il militare era di stanza.
Dal Foglio Matricolare:
– Chiamato alle armi e giunto il 21 marzo 1903.
– Tale nella’8° Compagnia di Sanità il 22 aprile 1903 e Caporale in detta il 6 ottobre 1903.
– Tale nella 7° Compagnia di Sanità con sede in Ancona e mandato in congedo illimitato; concessa dichiarazione di buona condotta il 14 settembre 1904.
– Chiamato alle armi per istruzione e non giunto con giustificata causa il 12 agosto 1910.
– Tale nella Milizia Mobile il 31 dicembre 1911.
– Chiamato alle armi per istruzione e non giunto con giustificata causa il 5 agosto 1913.
– Richiamato alle armi a senso del R. Decreto 22 aprile 1915 e giunto alla 9° Compagnia di Sanità che ha sede in Roma il 19 maggio 1915.
– Mandato in licenza straordinaria di mesi quattro in seguito a rassegna il 7 aprile 1916.
– Caporal Maggiore in detto il 1 ottobre 1917.
– Tale nella sezione deposito 7° Compagnia di Sanità ed inviato in licenza illimitata a seguito della Circolare 996 del S. M. il 31 dicembre 1918.
Alla luce di quanto sopra ci siamo recati presso l’Archivio dei FF.MM. Cappuccini della Provincia Monastica di Roma in via V. Veneto 27, dove, grazie alla cortese disponibilità dell’Archivista Padre Rinaldo abbiamo potuto esaminare la documentazione relativa a Padre Placido da Capracotta.
Da una succinta biografia abbiamo letto che appena adolescente, 17 anni, chiamato da Dio ad abbracciare la vita religiosa, rivolge “Al Molto Reverendo Padre Provinciale “una umile supplica (all. 2) per essere ammesso nella Famiglia Francescana. In dettaglio al momento dell’ingresso in convento vengono presentati anche altri documenti tra i quali spicca la certificazione rilasciata in data 28 agosto 1899 dal vescovo di Trivento sull’assenza di impedimenti ed un benevolo beneplacito per l’ingresso nella congregazione dei Padri Cappuccini (all. 3). A corredo di tale documentazione è stato rinvenuto anche un certificato di “sana e robusta costituzione “sottoscritto dal medico condotto di Capracotta, Dr. Giuseppe Conti (all.4) in data 25 agosto 1899 ed un’attestazione del Casellario giudiziale del 18 agosto 1899 del Tribunale Civile e Penale di Isernia.
Dopo la vestizione avvenuta il 27 novembre 1899, la Professione dei voti semplici in data 27 novembre 1900 e quelli solenni il 6 aprile 1904, fu ordinato sacerdote in data 17 giugno 1905 nel Convento di S. Antonio alla Palanzana di Viterbo (all.5) e gli fu posto il nome di Padre Placido.
Accertato che il cappellano è da individuarsi in Padre Placido al secolo Rodolfo D’Onofrio, diventava naturale approfondire e seguire tutto il percorso della sua vita monastica dal ritorno dalla guerra fino alla sua morte avvenuta a Roma il 22 aprile 1938.
Dai documenti agli atti dell’archivio dei FF.MM. è stato possibile arricchire i particolari della vicenda umana di Padre Placido che viene sempre descritto dai confratelli “buono , studioso e di santo entusiasmo, molto intelligente”, dedito brillantemente anche agli studi universitari ; iscritto nel 1911 all’Università Gregoriana ha ivi conseguito la Licenza in S. Teologia.
Il 7 luglio 1919 è stato eletto Segretario Provinciale della Provincia Monastica di Roma e successivamente nominato Padre Guardiano presso il Convento di Bracciano (Roma); inviato poi presso il Commissariato di Sardegna lo ritroviamo Guardiano a Cagliari nel 1928, 1931, 1932 e 1934. Il 4 aprile 1930 il Definitorio Generale incorpora il Commissariato di Sardegna alla Provincia Romana; nel 1937 Padre Placido è Guardiano di Iglesias.
La signora Elena Catalano, lucida novantaquattrenne, memoria storica del paese, è stata da noi intervistata almeno due volte a proposito di Padre Placido, che lei ricorda benissimo. Ci ha molto sorpreso soprattutto un particolare del suo racconto: “il trasferimento dal Lazio alla Sardegna è avvenuto per motivi politici”. Da notare che la signora Elena, come quasi tutte le donne della sua epoca e condizione sociale, non è certo da considerare tra le “acculturate o politicizzate” per cui riferisce ciò che all’epoca era voce corrente. D’altra parte non c’è da stupirsi se un sacerdote che ha vissuto l’esperienza terribile della guerra a contatto con personaggi quali “Frederic” ed il “tenente Rinaldi”, antimilitaristi per eccellenza, non fosse visto in quel periodo con sospetto dal regime fascista. La pubblicazione del romanzo in Italia fu infatti vietata e la stessa Fernanda Pivano, traduttrice del romanzo in Italiano, fu arrestata.
Negli anni trascorsi in Sardegna Padre Placido è stato un valido Collaboratore del bollettino “La Voce Serafica dell’Isola” ed insegnante nel Seminario Serafico di Cagliari nonché Assistente “sagace e prudente” del Commissario per la Sardegna e Delegato provinciale del terzo ordine francescano.
Nei documenti esaminati viene messo in risalto l’amore appassionato per la predicazione, che veniva svolta anche quando la salute non glielo consentiva più. Proprio durante l’ultima predica, con la salute già minata dal diabete e dalla nefrite, sul pulpito della Chiesa matrice di Capracotta, Padre Placido “emise il canto del cigno“ e con il successivo ricovero presso il Policlinico in Roma si concludeva la sua vita terrena il 22 aprile 1938, anche se a Capracotta “si racconta“ che sia morto mentre predicava.
In proposito la signora Bambinella Carnevale ha ricordato che Padre Placido, come di consueto a Capracotta per la predica pasquale anche nell’anno 1938, a causa del peggioramento delle condizioni di salute per l’aggravarsi del diabete, ha dovuto interrompere la predicazione e dopo circa una settimana è stato trasportato a Roma da Conti Candido (Candiduccio) con la propria “balilla” (utilitaria italiana a quattro posti, diffusa negli anni trenta del Novecento) per essere ricoverato al Policlinico di Roma ove poi è deceduto.
Dall’Archivio parrocchiale di Capracotta, Don Elio Venditti, parroco, ci ha fatto pervenire copia del certificato di morte del “Rev.mo Padre Placido, Guardiano Cappuccino ad Iglesias, figlio fu Costantino e Carnevale Bambina , nell’età di anni 57, nativo di Capracotta”, deceduto il 22 aprile dell’anno 1938 a Roma, corredato da una nota dell’Arciprete dell’epoca, Don Leopoldo Conti il quale incorre anch’egli nell’errore ormai consolidato del cognome (al secolo Rodolfo Carnevale!): “P. Placido da Capracotta è morto come il vero soldato di G. Cristo. Vittima del proprio dovere sul campo del lavoro. Egli il 23 marzo 1938 cominciò a predicare in preparazione alla S. Pasqua ad Ateleta, Castel del Giudice e S. Angelo. Il 3 aprile saliva a Capracotta e dava subito principio alla predicazione. Il 15 aprile dopo aver predicato le 3 ore di Agonia di N.S.G.C. incominciò a sentirsi male. Messosi a letto. Il male di cui soffriva (diabete) incalzava. Il 18 volle farsi riportare a Roma e lì –nonostante le cure amorevoli dei Frati e Sanitari- rendeva il 22 aprile la Sua bell’anima a Dio”. (All. 6 ).
Fu in quella circostanza che Nicola D’Andrea (Colitto) dedicò a Padre Placido una bella poesia (6a).
Abbiamo di recente riletto una intervista concessa a Peter Griffin, studioso di letteratura americana e curatore della biografia di Hemingway, alla quarta moglie dello scrittore e pubblicata sul settimanale Panorama dell’8 settembre 1985 dal titolo “Documento – Scoop storico-letterari con Ernest Hemingway”; la recensione è a firma di Massimo Conti. “Ernest amava molto l’Italia, dove pensava di trasferirsi stabilmente” Dove? “Negli Abruzzi, di cui avvertiva una specie di fascino primigenio…La passione di Ernest per gli Abruzzi filtra attraverso molti suoi scritti, anche in Addio alle armi. Nel romanzo quella regione italiana è un paese quasi mitico, abitato da contadini ospitali che vi chiamano ‘don’ e vi chiedono l’onore di sedere alla loro mensa. Usi e costumi sono molto diversi dal resto d’Italia, sosteneva Ernest. A Capracotta per esempio è vietato suonare il flauto di notte, anche nelle serenate, perché non era bene per le ragazze ascoltare il flauto di notte”.
Padre Placido riposa nel “Riquadro dei Cappuccini” del Cimitero del Verano di Roma (all. 7).
Non può essere sottaciuta con l’occasione la circostanza, che nell’esame della ricca documentazione “Padre Placido da Capracotta 53” esistente presso la sede della Provincia monastica di Roma è stato trovato, nel periodo considerato, tra i giovani novizi, studenti in teologia dei Frati Minori Cappuccini un altro Placido da Capracotta, chierico, al secolo Di Lullo Francesco nato a Capracotta il 24 luglio 1921 e deceduto nel Sanatorio Umberto I di Roma il 2 settembre 1938.
Eugenio Giuliano
Nota; forse maliziosa ma molto verosimile
La lettura, nella prima parte del libro, dei particolari riferiti da Hemingway circa il paese degli Abruzzi chiamato “Capracotta” (strade gelate come il ferro, freddo secco ed asciutto, neve asciutta e farinosa con le tracce di lepre, le trote nel torrente sotto la città, presenza di buona caccia, il padre cacciatore, contadini che quando incontrano qualcuno si tolgono il cappello e lo chiamano “don” e danno non il ”tu” ma il “signoria” ) per quelli della nostra – la mia- generazione, sono perfettamente aderenti alla realtà ed alle usanze, un tempo diffuse, del nostro paese.
Il particolare del flauto proibito nelle serenate notturne “perché alle ragazze non faceva bene udire il suono del flauto di notte” va inteso però in maniera allegorica. Non esiste nel nostro dialetto il termine “flauto” ma “ciufolo” (ciufflariegl) ben conosciuto anche in italiano. Diventa flauto (flute, sinonimo di “pipe” piffero e di “clarinet” clarinetto) nella traduzione inglese dell’innocente racconto di Padre Placido il quale non è riuscito a spiegare ad Hemingway il vero significato del “ciufolo incantatore” che “sentito di notte dalle ragazze” rischia di essere seguito, a distanza di 9 mesi, da un dolcissimo quanto imbarazzante, soprattutto per quei tempi, vagito di bebè!
Vincenzino Di Nardo